TORINO – Doveva essere un momento di festa, l’occasione per salutare i compagni di scuola prima delle vacanze e per fare un in bocca al lupo a quelli impegnati con gli esami. La serata in discoteca si è però trasformata in un incubo per sette ragazzini torinesi tra i 15 e i 17 anni, finiti in ospedale per le conseguenze di una brutta sbronza. Uno di loro è addirittura entrato in coma etilico e solo l’intervento di un genitore, accortosi della gravità della situazione quando è andato a prendere il figlio, ha evitato la tragedia.
Subito soccorso, il giovane – 17 anni – è stato trasportato all’ospedale di Rivoli, comune della prima cintura di Torino, dove i medici gli hanno riscontrato un tasso alcolemico quattro volte superiore ai limiti previsti dalla legge per potersi mettere alla guida. Sottoposto alle cure del caso, si è risvegliato soltanto dopo alcune ore. Festa rovinata, dunque, e carabinieri che ora sono al lavoro per appurare eventuali responsabilità: per la legge, infatti, somministrare alcolici a minorenni è un reato.
Dopo aver ascoltato i genitori dei ragazzi, i militari dell’ Arma stanno ora visionando i filmati delle telecamere di sicurezza della discoteca di Sant’Ambrogio, un piccolo paese della bassa Valle di Susa, per cercare di identificare la persona che ha servito l’alcol ai minorenni. “Quando accadono cose del genere, abbiamo tutti la nostra colpa. Dai genitori allo Stato”, commenta il dj Aniceto, testimonial di numerose campagne anti-dipendenze.
“Purtroppo – aggiunge – se non si sballano i giovani non si sentono tali”. E’ il cosiddetto fenomeno del “binge drinking”, che consiste nel bere molti alcolici, anche diversi tra loro, in un periodo breve di tempo. Una vera e propria ‘abbuffata’ di alcol, insomma, le cui conseguenze possono essere devastanti. In Italia, secondo i dati diffusi dall’Istat nell’ultimo report sull’uso e l’abuso di alcol, le persone che hanno problemi ‘con il bicchiere’ sono sette milioni. Secondo la Relazione al Parlamento su alcol e problemi di alcol, resa nota lo scorso marzo, il “binge drinking” interessa il 20,1% dei giovani tra i 18 e i 24 anni e il 6,9% degli undicenni. Con conseguenze che possono portare fino alla morte.
“Bisogna indagare di più nella vita sociale dei propri figli – è il suggerimento del dj Aniceto -. E laddove non arrivano i genitori, devono arrivare lo Stato e noi operatori del divertimento”. .