Torino, morto di tubercolosi studente di 19 anni: test per 250 persone

Tubercolosi, morto studente 19enne del Politecnico di Torino
Torino, muore di tubercolosi a 19 anni: era studente del Politecnico

TORINO – Uno studente del Politecnico di Torino è morto il 20 marzo nell’ospedale Amedeo di Savoia dove era ricoverato per tubercolosi. A dare l’annuncio l’Asl di Torino, che ha sottolineato che si tratta di “un fatto possibile seppur molto raro”. La procedura di controllo per le persone entrate in contatto con lo studente è scattata e l’Asl rassicura che dagli esami su circa 250 tra studenti e docenti “non sono emerse criticità”.

Il giovane, originario dello Sri Lanka, è morto dopo una lunga agonia. Secondo l’Asl di Torino, lo studente aveva contratto la malattia nel suo Paese di origine, ma quando si è rivolto ai medici per avere delle cure era troppo tardi. In una nota, l’Asl ha dichiarato: “Confermiamo la notizia del decesso per tubercolosi dello studente del Politecnico. Fatto possibile seppur molto raro. I controlli già previsti ed iniziati, continuano senza che siano emerse criticità”. Il rettore della facoltà, Guido Saracco, ha commentato: “C’è grande rammarico e dolore per questa morte. L’Asl sta svolgendo tutti i controlli necessari e c’è piena fiducia nel loro operato”.

Secondo l’ultimo rapporto del Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), ogni ora viene diagnosticata la tubercolosi a 30 persone in Europa. Nonostante tra il 2008 e il 2017 il numero dei malati sia sceso del 34%, la malattia resta una delle principali minacce per la salute. Oltre 55mila casi sono stati segnalati nel 2017 in 31 Paesi europei, concentrati soprattutto nella fascia tra i 25 e 44 anni e negli uomini, e il 4,3% in bambini e adolescenti, mentre quelli difficili da trattare e multi-resistenti ai farmaci sono stati 1107, pari al 3,7% del totale. Anche se il numero è basso, sono però europei 9 dei 30 paesi che registrano nel mondo il più alto numero di tbc multi-resistente ai farmaci.

Molti Paesi dell’Unione europea e dell’Area economica europea, segnala l’Ecdc, hanno problemi a seguire in modo efficace i malati. Se non si agisce rapidamente e in modo deciso, “le forme resistenti ai farmaci aumenteranno in Europa – commenta Zsuzsanna Jakab, direttore regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della salute (Oms) – Credo che l’Europa abbia le capacità per fare da apripista. Abbiamo la scienza e la tecnologia, professionisti competenti e un alto livello di impegno politico a non lasciare indietro nessuno”.

Una diagnosi appropriata e veloce è essenziale, rileva l’Ecdc, per iniziare al più presto la terapia e prevenire ulteriori contagi. I dati indicano che poco più della metà dei nuovi casi registrati vengono testati con il test a diagnosi rapida raccomandato dall’Oms. (Ansa)

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