ROMA – Torpignattara (Roma), omicidio di Muhammad Shahzad Khan in via Pavoni: arrestato anche il padre del diciassettenne. L’uomo, quarantenne, gestore di un bar che dista pochi metri dal luogo in cui ha trovato la morte il pakistano, è accusato di concorso in omicidio volontario (artt. 575-577 codice penale), con l’aggravante di “avere determinato a commettere il reato il proprio figlio minore di anni 18 (artt. 110, 112 – nr. 3 e 4 codice penale) ed è stato portato nel carcere di Regina Coeli, in esecuzione di un ordine di custodia cautelare emesso dal gip Giuseppina Guglielmi, su richiesta del pm Mario Palazzi.
Secondo le testimonianze acquisite dalla Procura e dagli accertamenti del Nucleo investigativo dei carabinieri, avrebbe istigato il figlio appena diciassettenne a picchiare selvaggiamente il ventottenne pakistano Shahzad, morto poi in seguito alle percosse, per “reiterato traumatismo contusivo del capo con frattura temporale destra ed emorragia sub aracnoidea diffusa”, causa non compatibile con un solo pugno. Il padre del ragazzo avrebbe anche minacciato i testimoni dell’omicidio.
È passato quasi un mese dall’omicidio di Khan Muhammad Shahzad che è avvenuto alle 23.20 del 18 settembre scorso in via Lodovico Pavoni, nella zona della Marranella, fra Pigneto e Torpignattara, periferia est di Roma.
Questa la versione dei fatti che viene fuori dalle testimonianze e dagli accertamenti in base ai quali oggi, martedì 14 ottobre, è stato disposto l’arresto del padre del ragazzo, detenuto nel carcere minorile di Casal del Marmo dal 18 settembre. Per la stessa ricostruzione, il reato del quale è accusato il minorenne è passato da omicidio preterintenzionale a omicidio con dolo eventuale.
Shahzad si aggirava da un paio d’ore nella zona, sembrando ad alcuni testimoni ubriaco (ma su questo bisogna aspettare la relazione completa dell’autopsia eseguita dal professor Giorgio Bolino, con l’esame tossicologico): vagava, vestito in abiti religiosi, cantando – in una nenia ai più incomprensibile – le Sure del Corano. Dopo aver perso il lavoro, dormiva da quasi tre settimane in un centro di accoglienza e viveva vendendo accendini. A giugno aveva saputo della nascita di suo figlio, ma non aveva i soldi per tornare in Pakistan a vederlo. A questo stato di estrema prostrazione si era aggiunto il colpo di grazia: due giorni prima aveva saputo della morte di sua zia, una sorella della madre alla quale era molto legato.
Ma la Marranella non è il miglior posto per sfogare la propria disperazione cantando sure del Corano. Shahzad, riferisce chi ha assistito alla scena, non fa caso alle urla indirizzate contro di lui, (“li mortacci tua“) provenienti da una finestra affacciata su via Pavoni. Si ferma, invece, quando sente una bottiglia cadere a pochi centimetri da lui: secondo le testimonianze è stata scagliata dall’uomo arrestato oggi. Shahzad non ha il tempo di capire cosa sta succedendo perché arriva veloce un ragazzo in bicicletta. Inchioda vicino a lui e inizia a colpirlo con calci e pugni. Insieme al ragazzo c’è un amico che però non partecipa. Dalla finestra il padre del ragazzo incita al pestaggio: “Ammazzalo, menaje, gonfialo“. Poi l’uomo scende in strada e urla contro le persone che intanto si sono affacciate alle finestre, richiamate dalle urla e dal rumore del pestaggio.
Testimoni che vengono insultati e minacciati perché non parlino con gli inquirenti, non riferiscano quello che hanno visto “spie, zecche, amici degli sbirri, fateve li cazzi vostra“. Minacce accompagnate inviti tutt’altro che amichevoli a scendere giù. Dagli inviti il barista passa allo sfondamento di un portone a calci, con l’intenzione, poi non messa in atto, di irrompere nella casa di due testimoni, testimoni che da quella notte non sono più tornati nel proprio appartamento.
Poi, secondo gli investigatori, prima che arrivino carabinieri, ambulanza e polizia, l’uomo si sarebbe scambiato scarpe e vestiti con il figlio e lo avrebbe istruito sulla versione da dare: il ragazzo avrebbe solo reagito a uno sgarbo della vittima, che, “ubriaco, infastidiva i passanti”.
La prima versione data dal ragazzo era stata: “Gli ho dato un pugno perché mi aveva sputato”. E poi “come posso averlo ucciso a calci, se avevo gli infradito?”
Nell’incidente probatorio del primo ottobre, al pugno – nel racconto del ragazzo arrestato – si erano aggiunti due calci, ma il pakistano – sempre secondo il minorenne – non sarebbe morto per le percosse ma “perché aveva battuto la testa cadendo” o “perché era stato picchiato prima da qualcun altro”. A sostegno di quest’ultima tesi ci sono le versioni di sei testimoni portati dagli avvocati del ragazzo, che riferiscono: “Shahzad aveva già il naso rotto e un occhio nero”. È quello che ha riferito il padre agli inquirenti e ai giornalisti che lo hanno intervistato. Parole riportate da Adelaide Pierucci sul Messaggero del 6 ottobre:
«Gli ho detto solo di difendersi. Quello straniero, che poi ho saputo essere un pakistano – si è sfogato – stava dando fastidio da ore con le sue nenie ad alta voce, su e giù per la strada. Così quando mi sono affacciato dalla finestra per dirgli di farla finita ed ho visto che si era avventato su mio figlio che passeggiava in bicicletta, istintivamente ho detto a Daniel “menaje”, ma nel senso di difendersi. Nessuno di noi voleva causare o augurarsi la morte di chicchessia».
Nel quartiere sono affissi manifesti che invitano i testimoni dell’eventuale pestaggio precedente a farsi avanti:
“URGENTE AIUTATECI A RICOSTRUIRE
Cosa è successo la notte del 18 ottobre fra le 21.30 e le 22.30
se qualcuno di voi ha assistito a qualche evento o pestaggio
nella via o nelle traverse circostanti
si faccia avanti SENZA NESSUNA PAURA
ne vale il futuro di un RAGAZZO
Potete contattare il numero
XXX.XXXXXXX”.
Va ricordato che dopo l’omicidio ci sono stati due cortei nella zona: uno domenica 21 settembre, di solidarietà con il ragazzo arrestato, e un secondo domenica 28 settembre, per ricordare la vittima – Shahzad -, raccogliere soldi per spedire la sua salma in Pakistan, e invitare il quartiere a non farsi travolgere da un’inutile guerra fra poveri (italiani contro stranieri). A largo Perestrello sono ancora appesi gli striscioni a favore del diciassettenne arrestato. In via Pavoni, sul luogo dove è morto il pakistano, sono stati tolti i cartelli, i fiori e i bigliettini che lo ricordavano.
GUARDA LE FOTO – GLI STRISCIONI PER IL RAGAZZO ARRESTATO E I CARTELLI PER LA VITTIMA:
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