PALERMO – Totò Riina avrebbe ordinato l’uccisione del pubblico ministero di Palermo Nino Di Matteo. “Di Matteo deve morire. E con lui tutti i pm della trattativa (Stato-mafia, ndr.), mi stanno facendo impazzire. Quelli lì devono morire, fosse l’ultima cosa che faccio” avrebbe detto il boss di Cosa Nostra ad un compagno di carcere, secondo quanto scrive Salvo Palazzolo su Repubblica.
Quelle minacce, sentite da un agente penitenziario, hanno fatto scattare una nuova allerta a Palermo. Per Di Matteo si starebbe valutando il trasferimento in una località segreta insieme alla famiglia, almeno per un po’. Come successe nel 1985 a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, relegati per quasi un mese all’Asinara.
Per non cedere alle minacce di Riina, però, si starebbe considerando anche l’uso di un “jammer“, il dispositivo autobomba che annulla o segnali radio dei telecomandi nel raggio di 200 metri.
Nuove misure di protezione dovrebbero essere disposte anche nei confronti degli altri magistrati del processo sulla trattativa Stato-mafia: il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene.
Secondo il comitato per l’ordine e la sicurezza, scrive Palazzolo, Riina avrebbe un altro bersaglio, l’attuale procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, che nei mesi scorsi, a Caltanissetta, ha curato la revisione del processo per la strage di via D’Amelio, scagionando otto innocenti e puntando l’indice contro i fedelissimi di Riina.
I commenti sono chiusi.