Trans, Marrazzo in tribunale: “Io distrutto, separato e senza un vero lavoro”

Piero Marrazzo (foto LaPresse)
Piero Marrazzo (foto LaPresse)

ROMA – Quattro anni dopo l’irruzione dei carabinieri nell’appartamento di via Gradoli dove Piero Marrazzo era insieme ad una transessuale l’ex governatore del Lazio racconta in tribunale la sua verità. E lo fa raccontandosi come un uomo distrutto, vittima di una campagna stampa aggressiva, senza più una famiglia e senza prospettive lavorative.

”I quattro anni trascorsi sono stati molto difficili – dice l’ex governatore – è stata colpita la mia famiglia e la mia dignità personale e professionale”. Marrazzo, parlando come testimone al processo, ha spiegato che questa vicenda lo ha portato ”a separarsi dalla moglie”. ”Mi sono dimesso dall’incarico di governatore del Lazio – ha spiegato – era giusto fare così e sono tornato a non fare il mio lavoro”. Per il giornalista Rai questo fatto gli ha ”provocato dolore anche per colpa di una campagna mediatica micidiale, molto aggressiva e diffamatoria, che ha fornito spesso alla pubblica opinione notizie non vere”.

I presunti contatti con il pusher. ”Non ricordo contatti col pusher di Brenda”, spiega Marrazzo affermato di ”non ricordare” di numerosi contatti telefonici con l’utenza riconducibile a tal Giorgio Di Fazi, che in una informativa del Ros risultava essere il fornitore di stupefacenti a Brenda, il trans deceduto nel novembre del 2009.

Il processo è quello relativo a un presunto ricatto ai danni di Marrazzo organizzato da 4 carabinieri. Imputati sono  i Carabinieri Nicola Testini, Luciano Simeone e Carlo Tagliente. Dietro la sbarra anche il militare Antonio Tamburrino, accusato della ricettazione di un video che ritraeva Marrazzo col trans Natalie, il cui vero nome e’ Alexander Jose’ Vidal Silva.

Testini risponde anche della morte del pusher Gianguarino Cafasso, avvenuta nel settembre 2009, con l’imputazione di morte come conseguenza di altro delitto. Secondo il gup la droga ceduta da Testini a Cafasso non aveva lo scopo di favorirne la morte.

Marrazzo nella deposizione ha ammesso di avere avuto ”negli anni passati sporadici incontri con transessuali, se ne contano sulle dita di una mano, qualche volta si è consumata della cocaina che non portavo certo io. Non ho mai usato l’auto di servizio per questo tipo di incontri né ho mai portato trans negli uffici della Regione”.

”Quel 3 luglio del 2009, nell’appartamento di Natali’ in via Gradoli, ho avuto molta paura. Mi sono reso conto di aver compiuto il più grande errore della mia vita” ricorda Marrazzo, rispondendo ai pm Rodolfo Sabelli ed Edoardo De Santis. Marrazzo ”fu sottoposto da quei due carabinieri in borghese entrati nell’appartamento ad una violenza psicologica molto forte, mi trovai in stato di restrizione, mi sentivo sotto sequestrato. Volevo uscire a tutti costi da quella casa ma non mi fu consentito neppure di rivestirmi. Non mi resi conto che stavano girando un video con il cellulare”.

Nella vicenda ha avuto un ruolo marginale l’allora premier Silvio Berlusconi. Ricorda ancora Marrazzo: “Che esisteva un filmato lo appresi tempo dopo quando mi chiamò l’allora premier Silvio Berlusconi”. Marrazzo racconta il Cavaliere lo contattò per avvertirlo che “un direttore del gruppo Mondadori, forse Signorini, aveva visto un video che mi riguardava e che era inutilizzabile perché non si capiva bene. Aggiunse anche che ce lo aveva un’agenzia di Milano e mi diede un numero al quale telefonai successivamente. Mi rispose una donna, mi confermò di averlo”.

Natalì mi disse: “Qualcuno voleva colpirmi”.  ”Un giorno Natali mi disse che c’era qualcuno che voleva tendermi un agguato per colpirmi. Al momento non diedi importanza a quelle parole ma con il senno di poi e dopo quanto accaduto in via Gradoli, capiì’.  Marrazzo, sentito come testimone al processo su un ricatto ai suoi danni ordito da 4 carabinieri infedeli, ricorda altri particolari.

Nel corso della sua lunga deposizione, durata oltre quattro ore, l’ex presidente della Regione Lazio ha ricostruito cosa avvenne la mattina del 3 luglio 2009 nell’appartamento di Natali. ”I due carabinieri – spiega – che entrarono in casa mi chiesero prima una cifra spropositata, enorme, circa 80mila euro in contanti per chiudere la vicenda, io dissi che non ne avevo e utilizzai un blocchetto degli assegni per staccarne tre per complessivi 15-20mila euro. I due carabinieri mi presero anche tutti gli effetti personali e quando mi restituirono il portafoglio mi accorsi che mancavano almeno due mila euro. 800-1000 li avevo consegnati a Natali per la prestazione”.

Marrazzo ricorda che in quei momenti ”ebbe paura”, i carabinieri ”avevano il cellulare e mi dissero che erano in attesa di disposizioni da parte del comando. Quando andarono via, con la coda dell’occhio notai un piatto con della polvere bianca. Uscii dall’appartamento chiaramente confuso e alcune ore dopo contattai Natali dicendole di venire a casa mia”. Il vicedirettore Rai ”voleva essere rassicurato sul fatto che quei due fossero effettivamente carabinieri”.

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie