La tratta delle trans in Italia: un affare da 20 milioni di euro al mese

Un giro d’affari da 20 milioni di euro al mese: questo è il business della prostituzione transessuale in Italia, come spiega Vladimiro Polchi su Repubblica. Un “mercato” fatto di 40mila persone: di queste circa 10mila vivono prostituendosi. Il 60% viene dal Sudamerica (Brasile, Colombia, Perù, Argentina ed Ecuador), il 30% è italiana e il 10% asiatica.

Una tratta che, per le straniere, prevede un iter specifico: una trans già in Italia fa venire in Italia le trans, e dà i soldi in prestito per il viaggio, le operazioni chirurgiche e la “piazzola”, ovvero l’area dove si prostituiranno (il costo si aggira dai 4mila ai 10mila euro, secondo la zona). tutti i soldi che la trans restituirà dai proventi della sua attività.

“Tutto ha origine nel Paese d’origine – spiega Francesca Rufino, psicologa dell’associazione “Libellula” intervistata da Repubblica – dove le trans vengono contattate anche attraverso apposite chat dedicate. Le ‘cafetinas’ (che sarebbero le protettrici, ndr) raccontano loro dell’incredibile generosità dei clienti italiani, della chirurgia estetica a basso costo, della possibilità di sfondare nel mondo dello spettacolo. Sono delle sirene, alle quali è difficile resistere, anche perché si rivolgono a trans che vivono spesso in una situazione di degrado e povertà e che sono alle primissime fasi di trasformazione del loro corpo. Così molte si convincono e partono per l’Italia”.

E inizia il viaggio, di solito fino al nord o est Europa, poi l’ingresso clandestino in Italia. A questo si aggiungono le spese per colui che materialmente porta le trans nel nostro Paese, l’affitto di una stanza, le spese quotidiane e la piazzola, naturalmente. Tutto anticipato dalla ‘cafetina’. Per questo le trans spesso entrano in una spirale di debiti dalla quale è difficile uscire.

Il passo fondamentale è la chirurgia plastica per avere un’immagine femminile: “Per fianchi, glutei e seno – spiega la Rufino – si ricorre alla chirurgia clandestina delle ‘bomabeire’ o si va in Ecuador, dove i prezzi sono molto bassi”. Con tutti i rischi del caso. “Le “bomabeire” – racconta Mirella Izzo, trasgender non operata e presidente dell’associazione Crisalide Pangender – sono transessuali che ti iniettano, a basso costo, il silicone liquido nei fianchi e nei glutei, in modo da avere dei sederi super-femminili. Ma questi interventi sono estremamente pericolosi. Il silicone liquido col tempo, infatti, tende a scendere. Io stessa ho conosciuto una transessuale brasiliana disperata: il silicone le era calato fin nei piedi, gonfiandoli, ed era impossibile da rimuovere, perché ormai troppo infiltrato nei tessuti”.

Migliaia di euro in tutto. E chi non ce la fa a restituire il debito viene perseguitata da minacce e violenze. A Roma c’è un centro d’accoglienza specifico per le trans che denunicano lo sfruttamento, si chiama Ora d’aria. Carmen Bertolazzi, presidente dell’associazione, racconta: “Alcune sono vittime di feroci violenze fisiche e psicologiche da parte delle loro sfruttatrici; altre sono state implicate nel mercato nero dello spaccio di ormoni o degli stupefacenti, che servono tanto a loro per tenersi sveglie e lavorare, che ai loro clienti”.

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