Era troppo rischioso e tuttavia non c’era più tempo. Una bambina positiva al Coronavirus è stata sottoposta a un trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche.
Trapianto da positiva, nel corso di un’infezione. Doveva curare una forma di leucemia mieloide ad altissimo rischio.
E’ stata una scelta difficile quella che i medici del Meyer di Firenze si sono trovati ad affrontare poche settimane fa. Il caso non ha precedenti in Italia se non al Bambin Gesù per un trapianto di midollo a giugno.
Trapianto positiva, i medici: “Non avevamo scelta”
La piccola, di un anno e cinque mesi, doveva essere sottoposta a trapianto in tempi rapidi, ma i tamponi rino-faringei a cui è stata sottoposta nell’arco degli ultimi mesi continuavano a dare sempre lo stesso responso di positività al virus.
“Non avevamo scelta, perciò abbiamo preso il coraggio a quattro mani e abbiamo deciso di andare avanti”, spiega Veronica Tintori, responsabile della sezione trapianti ematopoietici del Centro di Eccellenza di oncologia ed ematologia, diretto da Claudio Favre.
Un mese dopo: negativa e recupero. Presto per cantar vittoria
Ora, a un mese di distanza dal trattamento, si può dire che la scelta si è rivelata giusta. La bambina ha avuto un recupero molto rapido e ha potuto fare ritorno a casa, anche negativizzata.
È ancora presto per cantare vittoria – la piccola dovrà seguire adesso un serrato percorso di cure e controlli per monitorare l’andamento della patologia oncologica -.
Ma il suo recupero rappresenta intanto un grande traguardo. E il buon esito della procedura trapiantologica offre un importante spiraglio di speranza per tutti i bambini che, in futuro, dovessero trovarsi nella sua stessa condizione”.
Miracolo al Meyer di Firenze: tutti coinvolti
Per affrontare questo delicatissimo passaggio, il Meyer ha reagito facendo squadra. E ha messo in campo un’equipe multidisciplinare che ha coinvolto tutte le risorse disponibili all’interno dell’ospedale.
Dall’equipe del reparto trapianti agli oncoematologi, dagli infettivologi agli immunologi, dal Servizio immuno-trasfusionale alla pediatria.
Cruciale il ruolo degli infermieri specializzati dedicati alla bambina. “E’ stato un grande sforzo organizzativo – continua Tintori – in cui la Direzione dell’ospedale ci ha sostenuto e supportato”.
Ci si trovava infatti nella situazione di dover tutelare la bambina che andava incontro a una terapia invasiva, in presenza di un’infezione virale dal comportamento ancora poco conosciuto, e gli altri pazienti immunodepressi del Centro.
Il trattamento è stato effettuato il 19 agosto scorso, in locali dell’area Covid adeguatamente attrezzati per tutelare la paziente e gli altri ospiti immunodepressi”. (fonte Agi)