ROMA – Nella caccia ai predatori delle casse pubbliche, il Corriere della Sera punta il dito, stavolta, contro gli statali con il vizio del doppio lavoro, della consulenza facile e immotivata, delle prestazioni non autorizzate. Il caso del geometra di un’amministrazione provinciale è emblematico: nel 2011 ha percepito consulenze per 855 mila euro senza aver mai chiesto un nulla osta. La Corte dei Conti del Lazio ha citato la “vicenda paradossale” del dipendente statale che è risultato contemporaneamente titolare di più rapporti di pubblico impiego e che in pochi anni ha assommato 62 incarichi e consulenze professionali figurando come avvocato e fatturando sull’Iva di cui era intestatario in virtù della sua attività complementare di ristoratore.
L’ultimo rapporto della Guardia di Finanza segnala 3300 casi come questo: il malcostume è trasversale, si va dagli alti dirigenti al personale di bassa qualifica. Tutti hanno contribuito a un danno per l’erario di 55 milioni di euro negli ultimi tre anni, avendo guadagnato illecitamente oltre 20 milioni di euro. Le Fiamme Gialle evidenziano la necessità di intervenire sugli sprechi della spesa pubblica che pesano come e forse di più in termini di ragioneria dello Stato rispetto alle entrate fiscali. In attesa che la “spending review” possa garantire una più scientifica vigilanza e razionalizzazione della spesa pubblica si impone un controllo più rigoroso dle problema dei doppi incarichi.
I quali non sono affatto proibiti, ma devono essere svolti attenendosi a una precisa disciplina affinché la Pubblica Amministrazione sia in grado di vagliare compatibilità e conflitti di interesse. Tuttavia, questa disciplina sconta, per l’efficacia della sua applicazione, la mancanza o l’impossibilità di prevedere un profilo certo delle violazioni. Non è possibile mettere nello stesso calderone i lavori più umili a basso livello qualitativo con le alte consulenze professionali. Qualcuno arrotonda il magro salario, altri rimpinguano redditi da paperoni.