Uccise moglie malata di Alzheimer: Cassazione conferma condanna senza attenuanti

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per un pensionato che uccise la moglie malata di Alzheimer
La sede della Corte di Cassazione, a Roma

ROMA – Niente attenuante etica per chi uccide il consorte malato di Alzheimer. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna senza sconti di pena nei confronti di un pensionato di 83 anni di Firenze che nel 2014 strangolò con una sciarpa la moglie di 88 anni, che soffriva di Alzheimer, per poi costituirsi.

L’uomo dovrà scontare sette anni e otto mesi di reclusione. La Cassazione, infatti, non ha concesso le attenuanti per motivi di particolare valore etico all’uomo.

“Non ce la facevo più”, confessò l’uomo agli agenti del commissariato di San Giovanni, raccontando quanto aveva fatto, e spiegando che non riusciva più a sopportare la malattia della moglie.

Secondo i giudici della suprema corte, sull’eutanasia non si registra ancora nella società “un generale apprezzamento positivo” ed anzi ci sono “ampie correnti di pensiero che la contrastano”, situazione “che impone” di non concedere l’attenuante etica.

Senza successo, la difesa del pensionato fiorentino aveva chiesto alla Suprema Corte di considerare come un valore condiviso “quello di porre fine alle sofferenze della persona, conformemente ai suoi desideri espressi in vita, rimarcandosi, al riguardo, le differenze con l’eutanasia” perché in questo caso “sussisteva l’ulteriore elemento” di aver posto fine “alle sofferenze di un soggetto amato”.

Nel ricorso, i legali dell’imputato, al quale è stato riconosciuto anche dalla Cassazione di aver preso una decisione “disperata” quando era ormai “incapace di sopportare le sofferenze e l’inarrestabile decadimento fisico e cognitivo della moglie”, hanno fatto riferimento ai Paesi europei che hanno legalizzato l’eutanasia e il suicidio assistito, alle sentenze Cedu sul diritto a decidere come morire, a un sondaggio Eurispes da cui emerge il favore degli italiani per l’eutanasia.

Hanno poi ricordato che il Regno Unito  ha introdotto l’aiuto al suicidio per compassione, sanzionandolo in maniera più lieve. Ma niente ha fatto breccia.

Miglior sorte non ha avuto l’argomento per cui l’uomo avrebbe ucciso la moglie, totalmente demente e non più in grado di camminare, per evitare, una volta che lui fosse morto, che il peso di assisterla ricadesse sulle figlia dal momento che non ci sono strutture pubbliche che fanno questo.

Ad avviso della Cassazione, è da “escludere che la consapevolezza della carenza di pubbliche strutture idonee a coadiuvare la famiglia nell’assistenza di congiunti gravemente malati, e senza possibilità di guarigione, commista alla preoccupazione di gravare sulla vita di altri congiunti, pure se moralmente e giuridicamente obbligati verso la persona malata, possa generare, secondo la coscienza etica prevalente nella collettività, la spinta volta a sopprimere la vita dell’infermo quale motivo di particolare valore morale e sociale”.

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