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Unioni civili costano poco. Mef: “3,5 mln nel 2016, 6 mln nel 2017”

di Daniela Lauria |23 Luglio 2015 22:08

Unioni civili costano poco. Mef: “3,5 mln nel 2016, 6 mln nel 2017”

ROMA – Le unioni civili costano poco, nell’ordine di qualche milione e non certo miliardi come si era ipotizzato. A sfatare ogni dubbio ci ha pensato il Ministero dell’Economia e Finanze che nella sua relazione tecnica parla di 3,5 milioni per il 2016 e meno del doppio per il 2017, smontando così uno dei nodi chiave del provvedimento, quello sul costo delle pensioni di reversibilità per le coppie gay.

Per i detrattori della riforma restano però altri nodi da sciogliere: quello dell’equiparazione al matrimonio e quello delle adozioni. Tutti temi sui quali un accordo tra i due alleati di governo non è escluso ma è ancora lontano. E le distanze tra Pd e i centristi di Ap potrebbero avere conseguenze immediate sui tempi dell’approdo del ddl in Aula al Senato, ipotizzato per l’inizio di agosto ma non ancora garantito.

La relazione del Mef però ha contribuito a dare una spinta al ddl Cirinnà, con Micaela Campana tra i primi ad esultare. Gli oneri complessivi stimati sulle finanze pubbliche andranno dai 3,7 milioni nel 2016 ai 22,7 milioni nel 2025. Somma che include gli effetti sul minor gettito Irpef dovuto alle detrazioni fiscali, sulle maggiori prestazioni per assegni al nucleo familiare (Anf) e sull’aumento dei costi delle pensioni indirette e di reversibilità al compagno superstite. Ad usufruire di queste ultime, si legge nella relazione che come platea di riferimento ha preso le 67mila coppie unite civilmente censite nel 2011 in Germania, potrebbero essere alla fine 30mila coppie, partendo da una cifra iniziale di 5mila nel prossimo anno.

I costi relativi agli assegni familiari dopo gli 0,4 mln del 2016 si dovrebbero stabilizzare sugli 0,6 mln fino al 2025 mentre gli oneri derivanti dalle maggiori detrazioni (che coprono la fetta di costo più corposa) andrebbero dai 3,2 mln del 2016 ai 16 milioni del 2015, si legge nella relazione, che ipotizza l’entrata in vigore del ddl nel 2016. La deadline del governo – tracciata dallo stesso Renzi – resta infatti quella di un ok definitivo al ddl entro l’anno, nonostante Ap sembri ben lontano dall’acconsentire.

Ad alimentare la polemica di Ap e M5S, è stato il tweet, definito addirittura “sconcertante” dall’ex ministro Maurizio Sacconi, con cui il ministero ha anticipato la relazione che, nelle stesse ore tardava ad arrivare al Senato, portando così alla sconvocazione della commissione Giustizia. Giovedì sera tuttavia, la relazione del governo è stata trasmessa a Palazzo Madama e, dopo il parere della Bilancio, martedì la Commissione potrà iniziare a votare gli emendamenti. Ed è lì che i nodi verranno al pettine.

Se dal governo, sui tempi dell’approdo in Aula continua a filtrare “ottimismo”, Ap, con Sacconi, continua a parlare di “sottovalutazione” degli oneri da parte del Mef prevedendo un costo si almeno 1,5 mld in dieci anni. Nel frattempo il Comitato Parlamentari per la Famiglia, guidato da Alessandro Pagano rilancia un suo ddl alternativo per uno “Statuto della convivenza” che riconosca “pienamente i diritti individuali delle persone omosessuali” negando qualsiasi ipotesi di equiparazione tra unioni civili e matrimonio contenuta, secondo Ap, nel ddl Cirinnà. Ed è proprio sul punto del matrimonio che, fanno sapere fonti parlamentari, democratici e centristi potrebbero trovare un punto di accordo, mentre sulla stepchild adoption e sulle estensione dei diritti sociali e fiscali senza alcuna discriminazione sessuale il Pd non è disposto a un compromesso.

Difficile,dunque, che si arrivi ad un testo condiviso in toto. Del resto, in commissione e anche in Aula il Pd può contare anche sulla sponda di Sel e M5S (con qualche rischio). Mentre Angelino Alfano ha già chiarito che le unioni civili non sono in alcun patto di governo, azzerando così qualsiasi ipotesi di frattura dell’alleanza. Se Ap non trasformerà la sua opposizione in deciso ostruzionismo, spiegano fonti del Pd, il ddl potrebbe approdare in Aula già ad agosto. O, con maggiori certezze, alla riapertura a settembre per un ok del Senato ad ottobre.

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