ROMA – Il Dc-9 dell’Itavia fu abbattuto da un missile e ci fu “depistaggio” delle indagini. Depistaggio voluto e “definitivamente accertato”. A 33 anni dalla strage di Ustica, quella in cui il 27 giugno 1980 persero la vita 81 personem una sentenza di Cassazione apre la strada a nuovi percorsi in tribunale.
Perché, spiega la Corte, essendoci stato depistaggio e per questo serve il nuovo processo civile per valutare la responsabilità dei ministeri della Difesa e dei Trasporti nel fallimento della compagnia aerea Itavia.
Con una nuova sentenza della Terza sezione civile depositata oggi, la Cassazione torna ad occuparsi di Ustica e lo fa accogliendo il ricorso di Luisa Davanzali, erede di Aldo, patron della compagnia aerea Itavia fallita sei mesi dopo il disastro. Ai Davanzali la Corte di appello di Roma aveva sbarrato la strada alla richiesta di risarcimento danni allo Stato, nonostante i depistaggi. Per la Cassazione il verdetto d’appello “erra” ad escludere “l’eventuale efficacia di quella attività di depistaggio” e l’effetto sul dissesto.
La tesi “del missile sparato da aereo ignoto”, quale causa dell’abbattimento del DC9 Itavia caduto al largo di Ustica il 27 giugno 1980, risulta “oramai consacrata” anche “nella giurisprudenza” della Cassazione. spiega la Corte.
Ad avviso dei supremi giudici, comunque, dal momento che è accertato il depistaggio delle indagini da parte di ufficiali dell’Aeronautica diventa anche “irrilevante ricercare la causa effettiva del disastro”, e questo “nonostante la tesi del missile sparato da aereo ignoto, la cui presenza sulla rotta del velivolo Itavia non era stata impedita dai ministeri della Difesa e dei Trasporti, risulti ormai consacrata pure nella giurisprudenza di questa Corte”. Ora i due Ministeri torneranno sotto processo.
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