“E’ un errore considerare il vaiolo delle scimmie una malattia sessualmente trasmissibile. Noi consideriamo questo genere di patologie quando il contagio avviene prevalentemente attraverso la via sessuale e questo non è il caso del vaiolo delle scimmie che si trasmette per contatti stretti tra persone o per via aerea con le goccioline di saliva. E’ ovvio che qualsiasi patologia che si trasmette con un contatto stretto vede nel rapporto sessuale un possibilità che aumenta il contagio, ma dobbiamo fare attenzione, altrimenti dovremmo considerare la varicella o il morbillo o anche il Covid come malattie sessualmente trasmissibili”. A parlare all’Adnkronos è Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit).
I casi di vaiolo delle scimmie e il focolaio alle Canarie
“Il recente focolaio, partito da una festa alle Canarie dove c’erano maschi che fanno sesso con altri maschi – precisa Andreoni – non deve essere il pretesto per additare una intera comunità, altrimenti c’è il rischio di creare uno stigma come avvenuto in passato con l’Hiv“. “Stiamo registrando un aumento di persone che si recano in ambulatorio o al pronto soccorso sospettando di avere il vaiolo delle scimmie. Al momento non ci sono nuovi casi, ma questo è un fenomeno atteso quando si parla di malattie emergenziali, e le persone si suggestionano”, continua.
“Ma direi che è più pericoloso l’effetto contrario, ovvero che chi ha un sospetto non ne parla con il proprio medico e non chiede informazioni perché teme di essere additato e isolato. L’abbiamo già visto con l’Hiv quando era associato con la tossicodipendenza o la comunità omosessuale”, conclude l’infettivologo.
Vaiolo delle scimmie e trasmissione
Andreoni, in un’altra intervista a Radio Cusano Campus, cerca di tranquillizare sulla pericolosità del virus: “Non è un virus ad altissima trasmissione, ha un indice di trasmissibilità sotto l’1. Non ci aspettiamo delle grandi epidemie, ci aspettiamo un po’ di casi in giro per il mondo in funzione dei contatti. Ma come mettiamo in atto le azioni di contenimento il virus dovrebbe ritornare nel serbatoio animale, che non è la scimmia, ma i piccoli roditori”, ha spiegato. “Diciamo anche che la mortalità è molto bassa – ha aggiunto -. Chi è stato vaccinato per il vaiolo dovrebbe avere ancora un certo grado di protezione, ma parliamo di 40 anni fa quindi è difficile dirlo”.