Lavitola: “Torno perché non ne posso più”. Su di lui indagano 3 procure

Pubblicato il 15 Aprile 2012 - 17:27 OLTRE 6 MESI FA

BUENOS AIRES – ”Sono preoccupato di andare in prigione. Ho paura, ma torno perché non ne posso più”. Lo ha detto Valter Lavitola imbarcandosi al terminal C dell’aeroporto di Buenos Aires per il volo che lo riporterà in Italia, a Fiumicino, lunedì mattina. L’ex direttore dell’Avanti, in jeans, aveva con sé solo una valigia e uno zainetto.

‘Torno per chiarire la mia posizione, non ce la faccio più cosi. Non sono un delinquente”’, ha detto Lavitola. L’ex direttore dell’Avanti ha spiegato che tutta la sua famiglia lo sta aspettando a Roma. ”L’Argentina mi piace  – ha detto – ma voglio tornare in Italia”.

Al suo arrivo a Fiumicino troverà i carabinieri del Comando provinciale di Bari ad aspettarlo. I militari lo attenderanno  per eseguire il provvedimento di custodia cautelare della magistratura barese per il quale e’ ricercato dall’autunno scorso.

Dai militari baresi Lavitola sarà condotto subito in carcere, non è ancora chiaro se a Bari o a Roma. Non si sa neppure dunque se per l’interrogatorio di garanzia sarà sentito dal gip di Bari o da uno romano per rogatoria, ipotesi anche possibile. Il provvedimento che dispone la cattura di Lavitola è l’ordinanza del gip di Bari per induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, in relazione alle testimonianze fatte dall’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini ai magistrati baresi che indagavano sulle escort portate nel 2008 nelle residenze dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Secondo fonti a lui vicine rientrando in Italia Valter Lavitola non ha intenzione di: “Dire niente contro Berlusconi, che rispetto moltissimo perché è una persona d’onore”. “Per Lavitola Berlusconi è come se fosse un padre” hanno aggiunto le stesse fonti.”Nelle ultime ore Lavitola si è rasserenato” hanno assicurato le fonti mentre l’ex direttore dell’Avanti si imbarcava alla volta di Roma.

Su Valter Lavitola, latitante in Sud America dal 14 ottobre 2011, pende un’ordinanza d’arresto del Tribunale di Bari, emessa nell’ambito dell’inchiesta in cui Lavitola e’ accusato di induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorita’ giudiziaria, con riferimento alle bugie raccontate dall’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini ai magistrati baresi che indagavano sulle escort portate nelle residenze estive dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nell’estate 2008.

Berlusconi, questa l’ipotesi del procuratore aggiunto di Bari Pasquale Drago, avrebbe indotto Gianpaolo Tarantini a mentire sulle escort, tentando poi di comprarne il silenzio, dandogli 500mila euro perché patteggiasse a Bari ed evitasse il deposito delle intercettazioni a suo carico. Ma non lo avrebbe pagato di persona, bensì tramite la sua segretaria o il suo maggiordomo che avrebbero poi consegnato il denaro a Valter Lavitola perche’ lo facesse pervenire nelle mani di Tarantini. E’ questa, sostanzialmente, la ricostruzione che anche il Tribunale del Riesame di Bari fa della vicenda, nelle motivazioni dell’ordinanza emessa il 21 novembre scorso con cui i giudici rigettavano la richiesta di revoca della misura cautelare avanzata dalla difesa di Valter Lavitola. L’ex direttore dell’Avanti, quindi, sarebbe il concorrente dell’autore materiale del reato, che nella ricostruzione del Riesame, sarebbe Berlusconi.

Il Riesame conferma e rafforza la tesi già sostenuta dal Tribunale del Riesame di Napoli, che il 27 settembre 2011 ha dichiarato la competenza territoriale della Procura di Bari. Il fascicolo era inizialmente nelle mani dei pm di Napoli che avevano indagato 5 persone, tra cui Lavitola, Tarantini e sua moglie, per il reato di estorsione ai danni di Silvio Berlusconi. Nei confronti dei tre sono state emesse ordinanze di custodia cautelare in carcere il primo settembre 2011 su disposizione della magistratura partenopea. Il gip di Napoli aveva poi dichiarato la competenza della magistratura romana e infine il Riesame quella di Bari. Con lo stesso provvedimento il Riesame di Napoli aveva disposto la scarcerazione per Tarantini e sua moglie, confermando invece la misura cautelare per Valter Lavitola, ed esprimendosi sulla qualificazione giuridica dei fatti: il reato da contestare non era estorsione ma induzione a mentire. Giunti a Bari gli atti, il 30 settembre, la Procura ha dovuto provvedere ad una richiesta di misura cautelare nei confronti di Lavitola entro il 16 ottobre, data in cui avrebbe perso efficacia il precedente ordine di cattura emesso dal Tribunale di Napoli.

La richiesta d’arresto è stata materialmente depositata il 13 ottobre, dopo un ‘botta e risposta’ tra il procuratore aggiunto di Bari, Pasquale Drago, titolare del fascicolo, e il gip, Sergio Di Paola (botta e risposta costituito da una richiesta di revoca di misura cautelare, da un rigetto della stessa e da una nuova richiesta d’arresto). Proprio per questo il Riesame definisce “ondivago” l’atteggiamento della Procura di Bari sull’intera vicenda. Parallela a quella barese, esiste sugli stessi fatti un’altra indagine della Procura di Roma che ha portato avanti la prima ipotesi dei pm napoletani: l’estorsione ai danni di Berlusconi da parte di Lavitola e Tarantini.