ROMA – Vanessa e Greta sono libere, libere di togliersi il velo nero e fare ritorno in Italia. E’ stato pagato un riscatto per questo? La notizia della loro liberazione ha del miracoloso se consideriamo che le due attiviste italiane sono state rapite in Siria da estremisti islamici, ovvero lo stesso Paese dal quale gli ostaggi, solitamente, non escono vivi e neanche vengono riconsegnati alle famiglie. Certo, un conto è Al Nusra, la sigla di estremisti che ha tenuto le due ragazze perlomeno nell’ultimo tratto della loro prigionia, un conto è l‘Isis dei tagliagole.
Ma la domanda resta: perché sono state liberate? E soprattutto: l’Italia ha pagato un riscatto? La domanda rimbalza e rimarrà presumibilmente senza risposta: se sono stati dati soldi a dei terroristi che “di professione” rapiscono ostaggi per finanziare la loro attività nessuno mai darà conferma ufficiale. Ma molti lo pensano.
Un esempio banale: il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha pubblicamente espresso gioia per la liberazione delle ragazze su Facebook. Dopo pochi minuti non c’era commento che non chiedesse o alludesse al pagamento di un riscatto. Al netto di commenti offensivi e denigratori sulle due attiviste.
Una tv araba, Al Aan con sede a Dubai, azzarda una cifra: 12 milioni di dollari. Una cifra enorme, se fosse vera. Persino l’Isis si è espresso sulla questione. “Questi cani del fronte Al Nusra rilasciano le donne crociate italiane e uccidono i simpatizzanti dello Stato Islamico”, scrive Muahhed al Khilafa sul suo account, dove si firma con l’hashtag dell’Is. “Forse le hanno liberate in cambio di donne musulmane detenute in Italia”, osserva Saad al Homeidi, altro islamista nel suo account.