Venezia: licenziata la maestra che insegnava a scrivere “squola” e “sciaquone”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Febbraio 2018 - 13:48 OLTRE 6 MESI FA
Insegnava agli alunni "squola", licenziata maestra

Venezia: licenziata la maestra che insegnava a scrivere “squola” e “sciaquone”

ROMA – Scriveva ‘squola’, ma anche ‘sciaquone’, e dove servivano le doppie le ometteva, salvo aggiungerle nelle parole che non le hanno. Epilogo scontato per la maestra “didatticamente incapace”, che ora, dopo l’allontanamento dalla scuola (senza q) si è vista confermare il licenziamento dal giudice del lavoro di Venezia.

La donna – riferisce la ‘Nuova Venezia’ -, insegnante fino a tre anni fa in una elementare della provincia di Venezia, a Veternigo, frazione di Santa Maria di Sala, aveva fatto ricorso al giudice del lavoro contro la decisione del Ministero dell’istruzione, che l’aveva lasciata a casa dopo la segnalazione della preside. Anche la magistratura ha deciso che la maestra non poteva più insegnare.

Erano stati i genitori dei bimbi delle due classi di prima elementare, dove la donna insegnava italiano, ad accorgersi degli strafalcioni nelle correzioni e nei compiti assegnati dalla maestra. Per protesta erano arrivati a tenere a casa i figli, in attesa dell’allontanamento dell’insegnante. Il giudice ha ritenuto inammissibile anche la domanda con la quale l’ex insegnate chiedeva di essere assegnata ad altre mansioni o trasferita in un altro istituto.

Tutto comincia tre anni fa, nella scuola elementare Papa Sarto di Veternigo. La docente insegna italiano nelle due classi prime: 1A e 1B. Bambini piccoli che imparano in fretta, assorbono come spugne e che se avessero imparato che sciacquone si scrive con la Q, avrebbero fatto danni. I genitori cominciano a lamentarsi e, quadernoni alla mano, “denunciano” il tutto alla dirigente scolastica Bertilla Mason, dell’istituto comprensivo Cordenons di Santa Maria di Sala. «Fa troppi errori», avevano detto, «i nostri figli imparano male, copiano gli errori alla lavagna. Meglio tenerli a casa, tanto a scuola non imparano». (Serenella Bettin, La Nuova Venezia)