Via Poma, la difesa di Raniero Busco: “E’ innocente: ecco i dubbi sulle accuse”

Raniero Busco

”Busco è nelle vostre mani, ridategli dignità, perché è innocente”. Rivolgendosi ai giudici, ha chiuso così la sua arringa l’avvocato Paolo Loria. In quattro ore d’intervento ha sottolineato i ”dubbi’ di un’inchiesta che ha portato Raniero Busco a rispondere dell’omicidio di Simonetta Cesaroni, la sua ex fidanzata, barbaramente uccisa con 29 coltellate il 7 agosto 1990 negli uffici romani di via Poma dell’associazione degli Ostelli della gioventù.

Omicidio volontario aggravato dalla crudeltà è l’accusa; ergastolo è la richiesta di condanna avanzata dal pm Ilaria Calò. Il prossimo 26 gennaio la terza Corte d’assise scriverà la parola fine al primo grado di questo giudizio. Per il difensore di Busco, processualmente ”l’ipotesi accusatoria è solo residuale. Si ritiene non possano essere stati altri a uccidere Simonetta, e quindi non può che essere stato lui”. E quando il penalista in aula sottolinea che Busco non si è mai sottratto dal collaborare con gli investigatori, né da alcuna prova scientifica richiesta, un gruppo di amici dell’uomo ha applaudito calorosamente.

Sono stati allontanati dall’aula; poi, sono rientrati per assistere alla parte restante dell’udienza. Molti i punti dell’inchiesta focalizzati dal difensore dell’imputato. L’avvocato Loria ha definito ”omertà collettiva” l’atteggiamento di coloro che hanno avuto rapporti di lavoro con la vittima. ”Tutti si disinteressano di lei – ha detto – Sembra che tutti tendano a cancellare rapidamente l’immagine della ragazza dalla loro vita”. E i riferimenti più puntuali vanno alla figura di Salvatore Volponi, datore di lavoro della ragazza (”l’ha sfruttata ignobilmente pagandola poco e in nero – ha detto Loria – Dice di non essere mai stato in via Poma e che il ritrovamento del corpo è stato casuale, ma i portieri lo smentiscono”, ha detto), e all’ex portiere Pietrino Vanacore, suicidatosi nel marzo scorso a due giorni dalla sua richiesta testimonianza in aula (”che lui abbia avuto un ruolo è certo. Descrive la posizione del cadavere ma nessuno dei poliziotti intervenuto l’ha visto negli uffici”, ha detto l’avvocato).

C’è poi il ‘problema’ dell’ora dell’omicidio. ”Se la si colloca tra le 17.50 e le 18.30 – sostiene Loria – considerando come limite ultimo una telefonata fatta da Simonetta poco dopo le 17, Busco non poteva essere in via Poma. Alle 19 era al bar dei Portici di Morena e visti i ‘tempi’ del delitto, non avrebbe mai potuto essere lì. Se l’ora dell’omicidio si colloca prima delle 17, allora quella telefonata non fu fatta da Simonetta ma da un’altra donna”. La definizione di Busco ”moderato, senza scatti d’ira, non litigioso”, il fatto che ”mai nessuno degli investigatori gli chiese l’alibi”, il definire come ”inconcludenti le indagini sul Dna” perché riferire a Busco le tracce sui reperti fa entrare nel campo ”del concetto di compatibilità che non ha alcuna valenza scientifica”, e i dubbi del ”medico che svolse l’autopsia sulla ferita al capezzolo di Simonetta, nel definirla un morso compatibile con l’arcata dentaria di Busco”, per il difensore lasciano spazio solo alle ipotesi e a nessuna certezza. Il 26 gennaio ci sarà la sentenza.

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