Vincenzina Ingrassia, difesa: no carcere va mandata comunità

Vincenzina Ingrassia, difesa: no carcere va mandata comunità
Vincenzina Ingrassia, difesa: no carcere va mandata comunità

CATANIA – Ha confessato di aver ucciso suo marito Alfio Longo perché stanca delle violenze. Secondo i carabinieri lo avrebbe drogato, colpito con un ciocco di legno alla testa e lo avrebbe guardato morire per ore. Quindi avrebbe messo in scena una rapina nella sua villa di Biancavilla, in provincia di Catania. Ma secondo il suo difensore Vincenzina Ingrassia non merita il carcere ma “la detenzione cautelare in una comunità protetta o agli arresti domiciliari”.
E’ questa la richiesta “meno afflittiva e corrispondente alle esigenze giudiziarie” che l’avvocato Luigi Cuscunà chiederà al Gip Loredana Pezzino per la sua assistita, Vincenzina Ingrassia, durante l’udienza di convalida del fermo della donna accusata di avere ucciso il marito, Alfio Longo, e di avere simulato una rapina nella loro villa di Biancavilla. Per la Procura sarà presente il sostituto Raffaella Vinciguerra.

La signora – spiega il legale – ha confessato, e quindi non può inquinare le prove, non c’è neppure pericolo di fuga o la possibilità che possa reiterare il reato. La detenzione in carcere per noi è afflittiva e non giustificata”.

L’avvocato conferma che la donna le aveva rivelato che “quando erano in Germania, negli anni Settanta, il marito l’avrebbe costretta ad abortire due volte perché non era il momento di avere figli, ma di lavorare”. Inoltre Vincenzina Ingrassia “aveva l’intenzione di divorziare dal marito, ma lui la bloccava sempre dicendole: ‘Tu di qui non ti muovi'”. “E’ una casalinga – conclude l’avvocato Cuscunà – che ha sopportato violenze e vessazioni e che è esplosa in quel gesto estremo”.

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