Viterbo: donna assassinata davanti alla figlia, dubbi dei familiari sul movente

Pubblicato il 19 Maggio 2010 - 08:02 OLTRE 6 MESI FA

«Tutelare la famiglia della vittima di un omicidio consiste certamente nell’individuare chi ha commesso il delitto, ma anche nell’accertare tutta la verità su quanto è avvenuto e perché. In questo senso credo che ci sia molto da lavorare. Ed è quello che faremo non appena avremo gli atti d’indagine a disposizione». E’ quanto ha affermato l’avvocato Antonio Rizzello, legale dei genitori di Marcella, la donna di 30 anni uccisa a coltellate nella sua abitazione a Civita Castellana, in provincia di Viterbo, sotto gli occhi della figlioletta Giada di 14 mesi.

Le parole del legale confermano indirettamente le perplessità che sarebbero insorte “a freddo” tra i familiari della vittima circa il movente che avrebbe spinto Giorgio De Vito, 35 anni, nato a Napoli, residente ufficialmente ad Aprilia (Latina), ma di fatto domiciliato a Civita Castellana, a circa 800 metri dalla casa di Marcella, e la sua ex compagna, una donna polacca, a commettere l’efferato omicidio: un semplice tentativo di furto, come ritengono gli investigatori.

Sebbene non sembrano sussistere dubbi su chi abbia ucciso la giovane, il comportamento di De Vito, fermato ieri insieme alla sua ex compagna, sarebbe stato troppo maldestro per non sollevare perplessità. In particolare, si chiedono i familiari della vittima, come mai l’uomo, considerato un “topo d’appartamento esperto”, tra le tante ville di gente facoltosa che si trovano intorno all’ abitazione di Marcella, una casupola di 40 metri quadrati circa, che anche dall’esterno mostra tutta la sua umiltà, abbia scelto proprio quest’ultima?

E’ ragionevole tentare un furto tra le 11 e le 12 di mattina? E perché dopo aver accoltellato la giovane si sono accontentati di arraffare una vecchia macchinetta fotografica, il portafogli della vittima con dentro pochi spiccioli e qualche altro oggetto, per un centinaio di euro di valore, senza rubare il computer portatile che era in bella mostra su un mobile e senza cercare nei cassetti in cui, come aveva raccontato la madre di Marcella, c’erano alcuni oggettini in oro regalati alla nipotina Giada in occasione del battesimo?

La necessità di lasciare il prima possibile il luogo del delitto, a parere del legale, non può essere una giustificazione sufficiente. Prima di allontanarsi in compagnia della donna polacca, che durante l’interrogatorio avrebbe ammesso di essere stata con l’ex compagno in casa di Marcella, non solo hanno inscenato quello che i carabinieri ritengono “un tentativo di depistaggio o uno sfregio”, inserendo una bottiglia di vetro tra le gambe della donna già morta, dopo averle calato i pantaloni del pigiama e gli slip, ma si è anche lavato nel bagno e forse si è anche cambiato gli indumenti sporchi di sangue. Quindi non aveva una gran fretta.

E ancora: perché De Vito dopo quattro mesi aveva ancora in casa della madre, ad Aprilia, la fotocamera di Marcella? Perché non ha tentato di venderla come fanno di solito i “topi d’appartamento”? E infine: come hanno fatto il presunto assassino e la sua complice ad entrare in casa nonostante il cane lupo di guardia, da tutti definito aggressivo, che abbaiava a chiunque si avvicinasse al cancello?

Sempre a parere del legale  non sarebbe credibile che l’animale sia fuggito, come hanno sostenuto gli investigatori, attraverso il cancello lasciato aperto da De Vito.