Vittime della tratta della prostituzione, l’80 % finisce nei Cie

Un centro di identificazione ed espulsione
Un centro di identificazione ed espulsione

ROMA – Migliaia di immigrate entrate in Italia con l’inganno da connazionali senza scrupoli e costrette a prostituirsi, vengono rinchiuse nei Cie, centri di identificazione ed espulsione. Basta non avere i documenti, per diventare “ospiti” in questi luoghi: appartiene infatti a questa categoria l’80% delle straniere rinchiuse all’interno dei Cie.

Questi ed altri dati sono stati resi pubblici dall’organizzazione umanitaria Medici per i diritti umani  (Medu) che ha condotto una indagine durata un anno e che si è svolta all’interno dei Cie. Secondo l’inchiesta, i Centri di identificazione ed espulsione attualmente operanti in Italia vanno chiusi perché sono tutti inadeguati, non tutelano la dignità delle persone trattenute e sono peraltro poco efficaci nel contrasto all’immigrazione irregolare.

Secondo Medu, l’intero sistema dei centri appare quanto meno discutibile: queste strutture appaiono infatti “congenitamente incapaci” di garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona.

Dal febbraio 2012 al febbraio 2013 Medici per i diritti umani ha visitato tutti gli 11 Cie attivi in quel periodo (Bari, Bologna, Caltanissetta, Crotone, Gorizia, Lamezia Terme, Milano, Modena, Roma, Torino e Trapani Milo). E’ la prima indagine realizzata da un’organizzazione indipendente attraverso visite sistematiche in tutti i centri dopo il prolungamento, nel 2011, dei tempi di trattenimento fino a 18 mesi. I risultati sono raccolti in un rapporto dal titolo “Arcipelago Cie”.

“Ci occupiamo dei centri per il trattenimento degli immigrati irregolari dal 2004 – ha spiegato il coordinatore dell’indagine, Alberto Barbieri – e queste strutture appaiono come un buco nero per i diritti umani e l’accesso alla salute”. L’organizzazione ha riscontrato criticità in tutti i Cie, ma non in tutti i centri è stato possibile entrare nelle aree di trattenimento, cioè quelle dove vivono i migranti, e questo, secondo Barbieri, “é indicativo della tensione esistente nei Cie, soprattutto dopo l’allungamento dei tempi di permanenza”.

Nel corso del 2012, ha spiegato Barbieri, “in queste strutture sono state trattenute 7.944 persone, di cui 932 donne, e tra loro ci sono anche situazioni di grande vulnerabilità come vittime di tratta, persone senza fissa dimora e disabili”. Anche se non sono ritenute strutture carcerarie, in realtà ne hanno tutte le caratteristiche: dalle sbarre alla presenza delle forze dell’ordine all’impossibilità dell’accesso per il personale del Servizio sanitario nazionale. Non è raro, ad esempio, che malattie gravi vengano diagnosticate in ritardo e quindi non ricevano le cure adeguate. “C’e’ inoltre un uso elevato di psicofarmaci, vi ricorre il 40-50% dei migranti, senza un’adeguata assistenza specialistica”.

Oltre, però, alla palese “inadeguatezza” nel tutelare la dignità e i diritti fondamentali dei migranti trattenuti, secondo l’organizzazione il sistema dei Cie si dimostra fallimentare in quanto “scarsamente rilevante e poco efficace nel contrasto all’immigrazione irregolare”. Anche l’insieme dei costi economici necessari ad assicurare la gestione, la sorveglianza, il mantenimento e la riparazione di queste strutture (nel 2011 18,6 milioni di euro solo per la gestione) non appare commisurato ai “modesti risultati” conseguiti nel contrasto all’immigrazione irregolare: su quasi 8 mila persone trattenute nel 2012, solo 4.015 sono state rimpatriate (50,4%).

Medu chiede pertanto la chiusura di tutti i Cie e la riduzione a misura eccezionale del trattenimento dello straniero ai fini del rimpatrio. Bisogna, dicono, adottare nuove misure di gestione dell’immigrazione irregolare, caratterizzate dal rispetto dei diritti umani e da una maggiore efficacia, facendo riferimento alle strategie di fondo gia’ individuate dalla Commissione De Mistura.

Sistemi di detenzione per i migranti irregolari esistono comunque in ogni Paese europeo: sono 420 le strutture ufficiali censite, con un capacità totale di 37 mila posti. Medu ha comparato i sistemi di detenzione dei migranti in attesa si rimpatrio di 5 Paesi a forte pressione migratoria (Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Svezia) ed ecco i risultati: elementi comuni sono la detenzione usata in modo massivo e non residuale; luoghi di intrattenimento non adeguati, con l’eccezione della Svezia dove sono gestiti dai servizi sociali; costi elevati a fronte di una bassa efficacia e scarsa trasparenza dei dati; scarso ricorso a misure alternative come il rimpatrio volontario o l’obbligo di dimora. Italia e Regno unito sono in testa per la lunghezza dei tempi di trattenimento.

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