ROMA – Non è possibile una diagnosi certa sulle tracce di Dna trovate sui vestiti di Yara Gambirasio. E’ quanto emerge dalla relazione del Ris. Un punto che andrebbe così a favore di Massimo Giuseppe Bossetti, arrestato con l’accusa dell’omicidio di Yara. I suoi legali infatti puntano a smontare il “faro dell’indagine”, costituito proprio dal Dna trovato sulla ragazza. Dna che ha portato a “Ignoto 1” e di seguito proprio a Bossetti.
Nel dettaglio si legge:
“Una logica prettamente scientifica, che tenga conto dei non pochi parametri che si è tentato di sviscerare in questa sede, non consente di diagnosticare in maniera inequivoca le tracce lasciate da ignoto 1 sui vestiti di Yara”.
In particolare su questo punto della relazione del Ris poggia l’istanza di scarcerazione, rigettata dal gip, dei legali di Massimo Giuseppe Bossetti, l’uomo arrestato con l’accusa di aver ucciso Yara.
Nell’istanza di scarcerazione gli avvocati di Bossetti cercano di smontare quello che per l’accusa costituisce il “faro dell’indagine”, ovvero il Dna trovato su corpo di Yara. “Una logica prettamente scientifica – scrivono i Ris nelle conclusioni riportate nell’istanza – che tenga conto dei non pochi parametri che si è tentato di sviscerare in questa sede, non consente di diagnosticare in maniera inequivoca le tracce lasciate da ignoto 1 sui vestiti di Yara”.
I legali riportano anche quella parte della relazione in cui è scritto che “pare quantomeno discutibile come ad una eventuale degradazione proteica della traccia non sia corrisposta una analoga degradazione del Dna“. Questo per sottolineare come per la difesa il Dna “non sia un elemento così scevro da dubbi, tanto da essere individuato sempre dai medesimi Ris come quantomeno discutibile”.
“In buona sostanza – scrivono i legali – a parere della scrivente difesa, le enunciate certezze scientifiche paiono espresse secondo un criterio di ragionevolezza, principio più tipico del disquisire giuridico che dell’argomentare scientifico”.
Nell’istanza di scarcerazione di Bossetti sono contestati anche i risultati delle analisi delle celle telefoniche. L’accusa, spiegano i legali, indica come “indizio di rilievo” il fatto che il 26 novembre 2010 i cellulari di vittima e indagato abbiano agganciato la cella di Mapello, “identificata come ultima cella di aggancio dell’utenza di Yara”. In un documento di Vodafone S.p.a., invece, “è emerso che l’ultimo aggancio dell’utenza della vittima non deve intendersi quella di Mapello, bensì quella di Brembate”.
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