YOUTUBE Sangineto: uccisero e torturarono cane Angelo, pm chiede 1 anno e 4 mesi per quattro ragazzi

YOUTUBE Sangineto: uccisero cane Angelo, pm chiede 1 anno e 4 mesi per quattro ragazzi
YOUTUBE Sangineto: uccisero cane Angelo, pm chiede 1 anno e 4 mesi per quattro ragazzi

SANGINETO – Un anno e 4 mesi di reclusione ciascuno: è la richiesta di condanna dalla pubblica accusa per Giuseppe Liparoto, Nicholas Fusaro e Francesco e Luca Bonanata, i quattro giovani accusati di avere seviziato e ucciso a Sangineto, nel novembre scorso, il cane randagioAngelo“. I quattro giovani postarono su Facebook il video delle sevizie commesse sul cane. Il pm del Tribunale di Paola, davanti al quale si sta celebrando il processo, ha definito il loro gesto “crudele e ingiustificato”, anche in considerazione del fatto che il cane non era mai risultato pericoloso per nessuno. Al termine della camera di consiglio il giudice ha ammesso come parti civili una trentina di associazioni animaliste. La sentenza del processo è prevista per il 26 maggio. Un sit in davanti al tribunale di Paola é stato tenuto per l’intera durata dell’udienza su iniziativa dell’associazione “Animalisti italiani”.

“Il caso del cane Angelo ha suscitato e continua a suscitare grande clamore nell’opinione pubblica. A partire dal 24 giugno 2016, la data dell’uccisione di Angelo a Sangineto (Cosenza), l’inaudita violenza che questi quattro giovani hanno inflitto senza alcuna pietà al povero Angelo, seviziandolo, torturandolo e infine impiccandolo ad un albero per poi finirlo a colpi di pala, continua a vivere nelle coscienze della gente”. Lo afferma, in una nota, l’associazione “Animalisti italiani”, che é stata ammessa come parte civile nel processo davanti il Tribunale di Paola nel corso del quale oggi il pm ha chiesto la condanna dei quattro responsabili ad un anno e quattro mesi di reclusione. Sull’udienza del processo a carico dei responsabili dell’ uccisione del cane Angelo é intervenuto anche l’Ente nazionale protezione animali.

“L’udienza – é detto nel comunicato – ha visto la costituzione di Enpa quale parte civile con l’avvocato Claudia Ricci, che in giudizio rappresentava anche le Leidaa, ma ha visto soprattutto il rigetto della domanda di messa alla prova presentata dagli imputati. Se fosse stata accolta, il processo si sarebbe sospeso e il reato si sarebbe estinto al termine della misura alternativa disposta dal giudice a carico degli imputati. L’Enpa ha comunque sottolineato l’opportunità di riconoscere l’aggravante dei futili motivi unitamente a una dichiarazione di pericolosità sociale degli imputati”.

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