Heathrow e non solo: i progetti dei terroristi dopo l’11 settembre

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Un'immagine del World Trade Center dopo l'attentato dell'11 settembre (foto Ap)

LONDRA – Dopo l’11 settembre, un senso di trionfo si impadronì degli organizzatori degli attentati. Inebriati dall’incredibile successo – il più grave attacco sul suolo americano, dopo Pearl Harbour – gli «alti ufficiali» dell’organizzazione qaedista non persero tempo. Dopo un brindisi (analcolico), ed una pia invocazione (“Dio è grande”), si rimisero subito al lavoro : ideare ed organizzare nuovi attentati, meglio se condotti con degli aerei di linea dirottati.

Sul settimanale tedesco Der Spiegel, grazie alle rivelazioni di Wikileaks, sono venuti alla luce nuovi particolari su alcuni degli organizzatori dell’11 settembre, Khalid Sheikh Mohammed e Ramzi Binalshibh, due delle figure chiave del terrorismo islamico dei primi anni novanta. Il primo è stato a lungo l’“ingegnere” della galassia qaedista, appuntato “capo operazioni” dallo stesso Osama Bin Laden.

I documenti, portati alla luce dall’organizzazione di Julian Assange, svelano il contenuto degli interrogatori dei due alti ufficiali di Al Quaeda, interrogati dalla Cia in residenze segrete per tre anni, prima di essere trasferiti a Guantanamo nel 2006. I riassunti delle conversazioni rivelano l’entusiasmo e il fanatismo con cui Sheikh Mohammed e Binalshibh hanno assolto la loro missione terrorista.

Solo pochi mesi dopo l’attacco a New York, i due uomini avevano sviluppato e condotto a buon punto un piano per bombardare l’aeroporto londinese di Heathrow. Seguendo un copione già visto, i due terroristi progettavano di dirottare un aereo di linea, durante il decollo, per farlo precipitare subito dopo sull’aeroporto. Due gruppi avrebbero partecipato al progetto omicida; uno, composto di residenti in Gran Bretagna, sarebbe andato in Kenya per essere addestrato alla guida di aeroplani, un altro doveva cercare in Arabia Saudita dei potenziali «martiri» per partecipare all’attentato, come pure era successo per l’11 settembre.

Gli interrogatori rivelano anche degli aspetti quasi ridicoli, se questi non fossero tragici. Secondo quanto raccontato da Binalshibh, Sheikh Mohammed era rimasto particolarmente deluso dal fatto di non esser riuscito a colpire la Casa Bianca, il bersaglio del quarto aereo precipitato in Pennsylvania. Da questo suo scontento si era sviluppata una fissazione per gli attentati eseguiti con un aeroplano.

Alla fine del 2001 ed all’inizio del 2002, all’interno del gruppo qaedista, si parlava di attaccare l’edificio più alto della California come pure una nave cargo, imbottita di esplosivi, stazionante nel canale di Panama. Questi erano solo due dei numerosi progetti che la fertile mente criminale di Sheikh Mohammed aveva partorito e le «dichiarazioni del detenuto», trascritte dalla Cia ed in possesso dello Spiegel, constano di diverse pagine di liste di attentati progettati.

Dalle trascrizioni dei nastri, si evince ance un dato più stravagante: il folle fanatismo di Mohammed arriva ad una assurda meticolosità. Il terrorista, notano i giornalisti dello Spiegel leggendo gli interrogatori, è perfino cavilloso nella descrizione dei particolari. Ad un certo punto, ad esempio, ha tenuto a precisare agli agenti americani di aver avuto solo «metà della responsabilità» per un determinato progetto terroristico. Un zelo stravagante per qualcuno che afferma di voler essere al più presto giudicato da un tribunale americano, per poter infine morire da martire.

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