2011: da Ben Ali a Gheddafi, “annus horribilis” dei dittatori

ROMA, 27 DIC – L'esilio dorato di Ben Ali, l'agonia fisica e giuridica di Mubarak, la tragica fine di Gheddafi: il 2011 e' stato l' 'annus horribilis' dei grandi dittatori del Nordafrica, considerati un tempo pilastri inespugnabili di un ordine applicato con il pugno di ferro, capricciosi ma tutto sommato affidabili partner dell'Occidente. Poi la primavera araba li ha spazzati via, e l'elenco rischia di arricchirsi di nuovi nomi, dal siriano Bashar al-Assad allo yemenita Saleh. Mentre, dall'altra parte del mondo, un'altra icona della tirannia, il nordcoreano Kim Jong-il ha finito i suoi giorni nel suo blindatissimo treno, stroncato non dall'ennesimo anelito di liberta' ma da un semplice infarto.

Il generale Zine el Abidine Ben Ali ha governato la Tunisia sin dal 1987, quando prese il potere con un colpo di stato. Il successore dell'eroe dell'indipendenza Habib Bourguiba ha guidato il Paese con mano laica e ferma, forte dell'amicizia con la Francia, lasciando pochi scampoli alla liberta' di espressione e bandendo gli oppositori piu' incisivi, a partire dai leader del partito islamico di Ennahda. Ben Ali e' stato il primo a reprimere con il sangue le rivolte e il primo a capitolare quando, il 14 gennaio, si e' rifugiato a Gedda, in Arabia Saudita. Oggi, su di lui e sulla potente moglie Leila, pende una condanna a 35 anni di prigione per frode.

Sotto processo e' anche Hosni Mubarak, al potere dal 1981 quando, in seguito all'assassinio di Sadat, divenne presidente dell'Egitto. Ex comandante dell'aeronautica, ha governato il Paese con mano militare, mantenendo per l'intero mandato lo stato d'emergenza e applicando quindi arresti preventivi e restrizioni alle liberta' civili. Tollerato in Occidente perche' visto come un alleato affidabile in uno dei punti piu' strategici del pianeta, in Egitto Mubarak ha sempre cercato di zittire i suoi critici puntando su un discreto sviluppo economico e concedendo apparenti aperture democratiche.

In realta', delle 4 elezioni che lo hanno visto trionfatore, le prime 3 non avevano candidati rivali e la quarta, nel 2005, fu considerata ampiamente manipolata. La sua strategia, complice anche una precaria condizione di salute, si e' cosi' frantumata a piazza Tahrir: l'11 febbraio e' fuggito a Sharm el Sheik. Ora e' agli arresti domiciliari, ricoverato in un ospedale del Cairo. La primavera araba, stavolta con il cruciale aiuto dell'Occidente, ha spazzato via anche il piu' longevo dei dittatori africani, il colonnello Muammar Gheddafi. Dal 1969 al 20 ottobre 2011, il rais libico e' stato protagonista indiscusso dello scacchiere mondiale, in bilico tra accuse di terrorismo e preziose alleanze oliate con il petrolio. Ora feroce, ora astuto, ora teatrale, Gheddafi ha costruito uno Stato 'ad personam', unendo le centinaia di tribu' libiche sotto l'egida della Grande Jamahiriya ma senza mai sopire del tutto l'ira degli oppositori della Cirenaica. Le sue 'stranezze' sono state smascherate dai 'cable' divulgati da Wikileaks.

La crudele repressione messa in campo contro la rivoluzione del 17 febbraio lo ha portato prima all'isolamento internazionale, poi ad una guerra civile con la Nato impegnata sul campo, infine ad una tragica fine, maltrattato e ucciso dai suoi stessi 'sudditi'.

Altri, come l'algerino Abdelaziz Bouteflika, sono invece sopravvissuti all'ondata rivoluzionaria. Mentre Ali Abdallah Saleh, primo e unico presidente dello Yemen unito dal 1990, sta negoziando la sua uscita, prevista entro i prossimi due mesi. A Damasco, infine, Assad continua nella sua repressione, forte di un esercito ancora solido e di una posizione ancora divisa della comunita' internazionale. Perche', in aree di crisi come quella mediorientale, un regime autoritario puo' garantire sicurezza, anche a costo di chi lotta per la liberta'.

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