Tunisia. rivolta a Kasserine, rischio intervento Isis

Le proteste a Kasserine
Le proteste a Kasserine

TUNISIA, TUNISI – Torna ad accendersi la protesta sociale in Tunisia a pochi giorni dalla celebrazione del 5/o anniversario della cacciata di Zine al Abidine Ben Alì, il presidente costretto a fuggire nel gennaio 2011 in seguito alla cosiddetta rivoluzione dei gelsomini.

A dare fuoco alle polveri, nella regione di Kasserine al confine con l’Algeria, è stata sabato scorso la morte di un giovane disoccupato, Ridha Yahyaoui, fulminato su un pilone dell’alta tensione da dove minacciava di buttarsi perchè il suo nome non rientrava più nella lista dei nuovi assunti dal dipartimento regionale dell’Istruzione.

Mercoledi nuovi disordini hanno costretto scuole e licei a chiudere i battenti in città, mentre i manifestanti sono arrivati a due passi dalla sede del governatorato. Qui anche nei giorni scorsi si erano radunati centinaia di giovani per rivendicare il diritto al lavoro. Da ieri sono cominciati gli scontri: lancio di pietre da una parte, lacrimogeni dall’altra. In serata il ministero dell’Interno ha dichiarato il coprifuoco dalle 18 alle 5 del mattino. E il governatore di Kasserine ha affermato a radio Jawhara FM che alcuni agitatori professionisti si sono infiltrati tra i manifestanti.

Intanto però le proteste si sono estese: oltre alle scuole molti edifici pubblici e negozi sono stati chiusi e l’esercito è stato dispiegato a difesa della sede del governatorato. I disoccupati hanno infatti il sostegno di altri cittadini che lamentano la marginalizzazione della regione e chiedono più trasparenza. Il bilancio degli scontri di martedi è pesante: 23 feriti di cui 4 delle forze dell’ordine e 246 intossicati dai gas lacrimogeni. La regione di Kasserine è fra le più sfavorite della Tunisia ed è in questa zona che si trova il Monte Chambi, noto per essere rifugio di gruppi jihadisti.

Mercoledi il ministero della Difesa ha annunciato di aver compiuto un intenso bombardamento aereo dei sentieri abitualmente utilizzati dai terroristi. Raid preventivi – è stato spiegato – proprio per impedire ai jihadisti di approfittare delle manifestazioni “sociali” (qui il tasso di disoccupazione è al 27% a fronte del 15,3% a livello nazionale) per introdursi in città.

Le proteste si sono già estese, raggiungendo Tala, Feriana e Meknassi, nel governatorato di Sidi Bouzid. Un copione che ricorda le rivolte del 2010-2011 che portarono alla cacciata di Ben Alì, accusato di non fare nulla contro le disuguaglianze sociali, economiche e territoriali della Tunisia.

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