Adam Lanza, massacratore di innocenti. Orrore a scuola: 26 morti, 20 sono bimbi

Adam Lanza, foto diffusa da Abc e Gawker

ROMA – Di certo c’è solo l’orrore e lo shock  di una nazione, gli Stati Uniti, costretta ancora una volta a contare i morti dentro una scuola. Di incerto c’è ancora tutto il resto: dal numero esatto delle vittime alla dinamica della strage (cose che sapremo) fino al perché un ragazzo di 20 anni, Adam Lanza, abbia preso delle armi registrate a nome della madre e abbia scaricato più di 100 proiettili contro i suoi familiari e contro i bambini di una scuola (cosa che non sapremo mai).

Venerdì è stata la volta di un Paese di 26mila anime del Connecticut, Newtown, e della sua scuola elementare, la Sandy Hook.   Il canovaccio è sempre lo stesso: una persona che entra armata fino ai denti dentro la scuola e spara più o meno alla cieca. Alla fine il killer muore o meglio, come succede quasi sempre, si uccide lui. Tutto dopo aver lasciato a terra almeno 26 vittime, di cui 20 bambini di età comprese tra i 5 e i 10 anni, alcuni insegnanti, la preside della scuola.

Dell’orrore, ogni volta, cambiano i dettagli. Dettagli che alla Sandy Hook sono persino più terrificanti del solito. La storia di Newtown è prima di tutto la storia di Adam Lanza. E’ lui che entra in quella scuola con almeno quattro armi cariche e apre il fuoco. Dentro quella scuola o forse prima, a casa (è una delle tante cose ancora da chiarire) Lanza uccide la madre Nancy, che in quella scuola lavorava. Forse, e qui le fonti non concordano, uccide anche il padre. Qui c’è il primo bivio: qualcuno scrive che la mamma fosse il bersaglio principale della mattanza. Ipotesi che cadrebbe qualora fosse confermato quanto scritto dalla Cnn, ovvero che la donna è stata uccisa prima, in casa.

Adam Lanza, comunque ha un “piano”: prima di uscire prende un documento di suo fratello Ryan. Difficile sapere perché: sta di fatto che quando la polizia mette le mani sul suo cadavere esce fuori il nome del “mostro di Newtown”, ed esce fuori il nome sbagliato, quello di Ryan. Tempo pochi minuti e la foto di un Ryan Lanza è su tutti i siti, il profilo Facebook inondato di insulti. Poi il profilo viene chiuso e di Ryan Lanza (ammesso e non concesso che il Ryan della foto e il fratello di Lanza siano la stessa persona), per ora, si perdono le tracce con un ultimo lancio di agenzia che parla di interrogatorio in corso.

I dettagli dell’orrore, invece, sono quelli di un’esecuzione scientifica, quasi militare. Adam Lanza stermina un’intera classe con una tecnica da “rappresaglia”: fa mettere i bambini contro il muro e poi spara. Perché, ammesso e non concesso che possa esistere un perché, non lo sapremo mai. Sappiamo, invece, che sei bambini si salvano per pura fortuna, perché si nascondono dentro gli armadi della scuola. Poi sappiamo che Lanza è morto e nella tomba si porta il perché della strage. Sul Daily Beast il reporter Kevin Fallon parla di disturbi comportamentali e mentali di Lanza. Disturbi di cui avrebbe parlato alla polizia proprio il fratello Ryan: “E’ autistico o qualcosa del genere”. Sempre Fallon cita fonti che parlano di una discussione con la madre prima della strage. Dettagli sovrapposti, spesso contraddittori, che poco o nulla spiegano.

Alla fine l’America resta con lo shock e la sensazione di una storia che si ripete. Una volta è Columbine e la furia di un ex studente, una volta è Denver col “pazzo” di turno travestito da cattivo di Batman. Oggi è stato il paesino del Connecticut e la sua scuola elementare. Così come ripetitiva è la processione delle reazioni e dello sgomento. Barack Obama va in conferenza stampa con la faccia attonita. Parla per meno di cinque minuti, e parla “da genitore” più che da presidente. Non riesce a trattenere le lacrime e annucia che si farà qualcosa perché tutto questo non succeda più. Il pensiero corre subito alle armi, perché solo negli Stati Uniti è normale che una mamma, una maestra elementare mare di due bambini compri al negozio quattro pistole. Nessuno si chiede e le chiede perché, si vendono e basta. Alla Casa Bianca ora c’è chi protesta e dice basta alle armi facili. Da sempre, e non da oggi, lo dice il sindaco di New York Michael Bloomberg. Il problema è che quello delle armi è prima di tutto una lobby potente, lobby che pesa quando si tratta di raccogliere fondi in un Paese dove i partiti vivono di donazioni private. Poi quello delle armi è un mercato trainante. Infine l’arma, per molti statunitensi è emblema di autodifesa, di legge “fai da te”, e quindi di “sicurezza”. Se loro si sentono sicuri così…

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