ROMA – “Tutto bene, buonanotte“. Queste le ultime parole del pilota Zaharie Ahmad Shah Boeing 777 della Malaysia Airlines scomparso nel nulla. Parole sospette che concentrano sempre più le indagini proprio sul pilota. Parole sospette perché quando lui disse “tutto bene”, l’aereo era già invisibile ai radar, il dispositivo di localizzazione dunque disconnesso, un particolare che lo stesso pilota esperto avrebbe dovuto notare. Tanto esperto e tanto amante del volo, da avere in casa un simulatore di volo personale.
Dieci minuti prima di quel “tutto bene” era stato spento manualmente il transponder e del sistema di comunicazione Acars, che a intervalli predefiniti invia dati sulla posizione dell’aereo. Disattivazione che, per il sistema Acars, richiede un’alta conoscenza delle apparecchiature di bordo.
Le indagini sull’aereo scomparso entrano così “in una nuova fase“: si scava a fondo nelle vite dei piloti, dei passeggeri e persino dell’equipaggio a terra, mentre sono ormai 25 i Paesi coinvolti nelle ricerche del Boeing. Giampaolo Visetti, corrispondente da Pechino di Repubblica, scrive:
“Una tragica lite tra pilota e copilota, l’abbattimento da parte di un missile, una protesta politica finita in dramma, o il sequestro a fini terroristici. A nove giorni dalla scomparsa del Boeing 777 in volo da Kuala Lumpur a Pechino, sono quattro le nuove piste seguite dagli investigatori di 25 Paesi, alla disperata ricerca dell’aereo inghiottito dal nulla”.
Unica certezza è che l’aereo sia stato dirottato e che abbia volato per almeno altre 7 ore dopo la sua scomparsa dai radar. Le indagini ora si concentrano tra pilota, 53 anni, e co-pilota, 27 anni, che non avevano chiesto di volare insieme:
“I due avevano comunicato alla Malaysia Airlines che non volevano più volare insieme. Un evento ignoto aveva rotto il loro affiatamento professionale e più volte avevano chiesto di essere assegnati ad aerei diversi. Lo scoppio di una rissa in cabina, magari l’uccisione di uno dei due piloti, possono aver indotto l’altro a vagare in cielo, prima di lasciarsi precipitare in mare per l’esaurimento del carburante.
La seconda ipotesi è legata all’attivismo politico del pilota, Zaharie Ahmad Shah. Il 7 marzo, alla vigilia dell’ultimo volo, l’uomo aveva seguito in tribunale il processo che ha condannato a 5 anni, per sodomia, del leader dell’opposizione malese, Anwar Ibrahim. Per i suoi alleati è andato in scena un processo farsa del regime e i famigliari del pilota hanno riferito che Zaharie, sostenitore di Anwar al limite del fanatismo religioso, era sconvolto. Il pilota del Boeing potrebbe aver inscenato una clamorosa protesta sfuggita di mano, o pianificato un attentato sfumato per ragioni sconosciute”.
Anche il personale a terra resta indagato, perché dalla torre di controllo avrebbero dovuto accorgersi dello spegnimento dei sistemi di localizzazione e avrebbero dovuto chiedere chiarimenti:
“E resta la pista più spaventosa, quella di un abbattimento in volo, o del sequestro del Boeing per fini terroristici, in un nuovo «11 settembre». Fonti di intelligence confermano che se un aereo vola nei corridoi invisibili e con i segnali spenti, scattano le misure internazionali di difesa. Caccia da guerra intimano al velivolo di indentificarsi e in caso di rifiuto sono autorizzati a fare fuoco. Il Boeing potrebbe anche essere stato centrato da un missile, partito accidentalmente, oppure nascosto dai dirottatori, per essere trasformato in una «bomba» dall’internazionale del terrore”.