Frank Morris, John e Clarence Anglin Frank Morris, John e Clarence Anglin

Alcatraz, sono vivi i tre detenuti evasi nel 1962? Una lettera riapre il caso

Frank Morris, John e Clarence Anglin
Frank Morris, John e Clarence Anglin

ROMA – Una lettera riapre il caso dei tre detenuti evasi nel 1962 da Alcatraz. Correva l’anno 1962 quando tre detenuti, Frank Morris, John e Clarence Anglin, riuscirono a scappare dal famigerato carcere americano di Alcatraz. Fino ad allora mai nessuno era riuscito a evadere dal carcere di massima sicurezza costruito su un’isola rocciosa (soprannominata “La Fortezza”) nella baia di San Francisco. Da allora dei tre detenuti si sono perse le tracce e nessuno hai mai realmente saputo se riuscirono a sopravvivere alla fuga. La vicenda ispirò anche il film “Fuga da Alcatraz” di Clint Eastwood.

Una fuga rocambolesca e leggendaria, quella di Frank, John e Clarence, condannati e in carcere per una rapina in banca.

Con un cucchiaio di cucina, i tre riuscirono nel tempo a scrostare il muro intorno ai condotti di aerazione e da lì arrivarono sul tetto. Per non farsi notare lasciarono dei manichini sulle brande e servendosi di una zattera poi scapparono in mare. Da lì nessuno sa che fine abbiano fatto i tre.

Oggi Morris avrebbe 90 anni e John e Clarence ne avrebbero rispettivamente 86 e 87.

Una lettera indirizzata alla stazione di polizia di Richmond, e pubblicata in questi giorni dai media americani, riapre invece il caso.

Nella lettera, firmata John Anglin, proprio uno di quei tre detenuti evasi nel 1962, si legge: “Mi chiamo John Anglin. Sono scappato da Alcatraz nel giugno del 1962 con mio fratello Clarence e Frank Morris. Ora ho 83 anni e sono in cattive condizioni di salute. Ho un cancro”.

La lettera prosegue poi con ulteriori dettagli: “Frank è morto nell’ottobre 2005, è stato sepolto sotto falso nome. Mio fratello è morto nel 2011. Se mi verrà promesso che non farò più di un anno di carcere, e che riceverò cure mediche, scriverò per far sapere esattamente dove sono. Non è uno scherzo”.

Dalla lettera nessun ulteriore indizio, e anche il tentativo, da parte dell’Fbi, di rilevare le impronte digitali, ha dato esito negativo.

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