Ali Agca in Vaticano: “Presto dirò tutto. Qualcuno mi ha aiutato”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Dicembre 2014 - 20:26 OLTRE 6 MESI FA
Ali Agca in Vaticano: "Presto dirò tutto. Qualcuno mi ha aiutato"

Ali Agca (Foto Lapresse)

ROMA – Dalla Turchia al Vaticano “è stato un viaggio di 3 giorni. Qualcuno mi ha aiutato”: il giorno dopo la visita a sorpresa in Vaticano, per portare fiori sulla tomba di papa Giovanni Paolo II e tentare di incontrare papa Francesco, Mehmet Ali Agca parla con Marco Ansaldo di Repubblica. Lo fa in un’intervista rilasciata dal centro di espulsione dell’aeroporto romano di Fiumicino, dove si trova per essere entrato nel Paese senza il visto di ingresso.

“Vuole allora spiegare come è arrivato dalla Turchia fino in Vaticano?
“Non posso ora dare tutti i dettagli del viaggio. Posso solo dire che è stato un viaggio di 3 giorni”.

 

Tre giorni quando invece poteva prendere un volo da Istanbul a Roma e arrivare qui in 2 ore? E’ passato dalla Bulgaria o dalla Grecia? Ha fatto un viaggio in parte per nave?
“Ho usato in parte l’aereo, ma poi anche l’auto e infine ho camminato. Ripeto, non posso dire di più adesso. Ma durante questo viaggio, che ho fatto come un lupo solitario, ho rischiato moltissimo”.

Rischiato cosa?
“La galera. Cioè di essere imprigionato. Però ce l’ho fatta, e per me è stata una grande avventura. Adesso, progetto una nuova tappa”.

Quale tappa?
“Fatima, la città della Madonna che ha annunciato il Terzo segreto, quello appunto dell’attentato al Papa di cui sono stato lo strumento, come hanno rivelato anni dopo i cardinali Tarcisio Bertone e Angelo Sodano”.

(…) Molti dicono che lei è solo un esibizionista, che ha sfruttato la data del 27 dicembre, anniversario del suo colloquio con Giovanni Paolo II in carcere a Rebibbia.
“Dicano quello che vogliono. Io, con il gesto di depositare due mazzi di rose bianche sulla tomba del Santo Giovanni Paolo II, ho adempiuto a una promessa e svolto un dovere morale, umano, che sentivo forte dentro di me per tanti anni. Karol Wojtyla è venuto da me, in carcere, a trovarmi e a perdonarmi della mia azione. Così, ieri, ho voluto dare io un messaggio al mondo. E’ stato un dovere personale di amicizia nei confronti di quel grande Pontefice, di umanità, e che per me non finirà mai, perché ci siamo abbracciati come fratelli davanti al mondo. Questo ho voluto dire”.

Però molti, anche in Vaticano, si aspettavano che lei rivelasse finalmente, almeno in questa occasione che lei reputa così importante, chi le armò la mano per l’attentato del 13 maggio 1981 in Piazza San Pietro contro il Papa polacco. E invece, ancora una volta, non l’ha fatto. Perché?
“Beh, insomma è impossibile rispondere così, su questo fatto storico. E poi oggi nessuno crede più a quello che dico”.

Nessuno le crede più perché lei ha dato decine e decine di versioni diverse, e mai una provata. C’è chi sostiene che lei non ha capito che gli anni Ottanta sono finiti, e che mantenere quel mistero non giova nemmeno alla sua credibilità. Che cosa risponde?
“Guardi, la mia intenzione, dopo questi viaggi, è quella di fare un documentario televisivo in cui tutto sarò chiarito: dal ruolo della Casa Bianca, a quello della Cia, ai Lupi grigi, al Cremlino accusato, al Vaticano accusato”.

Accusati, lei dice ora. Lo dimostri.
Lo farò nei prossimi mesi. Poi scriverò un libro religioso per dimostrare il crollo teologico di tutte le religioni, a partire dall’Islam, che è crollato spiritualmente e moralmente. Lo dimostrerò”.

(…) Lei era da solo, oppure è stato aiutato da qualcuno a passare dall’Austria e ad arrivare in Italia?
“Ho fatto da solo la parte finale del viaggio, il taxi e tutto quanto fino a San Pietro”.

Sì, ma prima, dalla Turchia?
“Eh, qualche amico ce l’ho. Diciamo che qualcuno mi ha dato una mano. (…) amici turchi e anche stranieri, nessun italiano”.

(…) Come pensa che verrà accolto in Turchia? Teme ritorsioni, ha paura?
“No, nessuna paura. Però so che questa cosa potrebbe crearmi grossi problemi, in tuti i sensi. E allora vorrei rimanere in Italia per qualche settimana, se il Vaticano mi potesse aiutare. Perché c’è questo decreto di espulsione, e domani il giudice di pace dovrebbe decidere di attuarlo”.