Amburgo, pirati condannati: l’ultima volta fu 400 anni fa

Un’immagine del processo ai pirati somali

AMBURGO – Si è chiuso ad Amburgo il processo ai dieci pirati somali che nell’aprile del 2010 attaccarono la nave tedesca MS Taipan nel Golfo di Aden, a circa 900 chilometri al largo della Somalia. Si tratta di uno dei processi più lunghi dal dopoguerra per la Germania (105 giorni) ed anche il primo da 400 anni, che vede come imputati dei pirati.

Le condanne ai 10 uomini che presero parte all’arrembaggio della MS Taipan vanno dai due ai sette anni. Durante l’assalto, l’equipaggio della nave  fuggì in una stanza sicura all’interno della sala motori: da qui, il capitano riuscì ad inviare l’sos che venne captato da una nave anti-pirateria della marina olandese che riuscì ad intervenire liberando gli ostaggi. Alcuni mesi più tardi, il gruppo di somali venne consegnato alle autorità tedesche.

La corte di Amburgo ha ritenuto colpevoli i 10 pirati e li ha accusati di rapimento e di pirateria marittima. La fascia di età dei condannati va dai 19 ai 50 anni, anche se alcune sono ancora da verificare, dato che non tutti conoscono con precisione la data di nascita. Uno di loro a questa domanda ha risposto di essere “nato sotto un albero”.

I tre giovani sono stati condannati a due anni di carcere, mentre gli altri sette, i più anziani, sono stati condannati a sei e sette anni. Si tratta della prima sentenza di pirateria emessa da un Tribunale tedesco da circa 400 anni. In molti hanno criticato il processo per gli eccessivi costi a carico dei contribuenti.

La difesa aveva chiesto assoluzioni e pene ridotte spiegando, in apertura del processo, che la vera causa della pirateria nella regione è legata ai disordini politici in Somalia e alla pesca eccessiva che verrebbe effettuata da parte delle nazioni occidentali, nelle acque del paese africano. “Il mio paese sta andando in pezzi”  ha spiegato uno degli imputati attraverso il suo interprete.

Gli avvocati della difesa hanno sostenuto anche che un processo come questo non si sarebbe dovuto tenere in Germania: “Siamo qui per pretendere di applicare la legge tedesca su persone che vivono situazioni che non possiamo neanche immaginare” ha detto Rainer Pohlen, l’avvocato dei due imputati più giovani.

La corte però non era d’accordo ed ha sostenuto che l’idea secondo la quale gli imputati fossero stati costretti ad effettuare i rapimenti sia poco credibile. Nella sentenza, il giudice Bernd Steinmetz ha detto che tutti i pirati avevano sperato in un pagamento del riscatto da almeno un  milione di dollari. Guardando gli imputati ha detto: “Ognuno di voi si aspettava una quota del riscatto”.

Anche i rappresentanti delle compagnie di navigazione tedesche hanno sostenuto la decisione di processare i pirati somali ad Amburgo. “La pirateria è un reato, e i criminali devono essere dibattuti in Tribunale” ha spiegato Ralf Nagel, il capo dell’associazione degli armatori tedeschi. Nagel ha aggiunto che, poiché la nave era stata registrata in Germania, il processo doveva essere tenuto in Germania.

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