LONDRA – Molto prima che Logan Paul, star di YouTube, riportasse alla ribalta Aokigahara, la foresta ai piedi del Monte Fuji pubblicando il controverso video di un uomo che si era tolto la vita impiccandosi a un albero, i funzionari locali avevano già lottato per trasformare positivamente l’inquietante reputazione della foresta, una delle principali destinazioni dove i giapponesi decidono di suicidarsi.
La foresta incombe nella coscienza nazionale, è emblematica di un persistente problema del suicidio in Giappone, che ha uno dei più alti tassi di suicidi dei paesi sviluppati, nonostante negli ultimi anni ci siano stati dei miglioramenti. Ad Aokigahara, hanno posizionato dei cartelli in cui viene indicato il numero verde anti-suicidio o alcune scritte: “La vita è una cosa preziosa data dai tuoi genitori”. La gente del posto pattuglia la foresta, parla con persone sole, che mostrano i segnali della depressione o hanno un piano suicida.
Sebbene i funzionari ritengano che queste iniziative abbiano contribuito a ridurre il numero di suicidi commessi nella foresta, circa 30 l’anno rispetto ai 100 di dieci anni fa, temono che la nuova pubblicità possa attirare maggiormente chi è disperato.”Penso che chi si suicida soffra in modo tremendo”, ha detto Susumu Maejima, vice capo del dipartimento di polizia di Fujiyoshida, i cui agenti sono chiamati per intervenire quando vengono scoperti dei corpi nella foresta. “Ecco perché stiamo facendo sforzi per prevenire il suicidio.”
Con la sua vegetazione fittissima di cipressi, querce e arbusti che sovrastano rocce laviche ricoperte di muschio, provenienti dal Monte Fuji, la foresta è un paradiso naturale che evoca la Terra di Mezzo di Tolkien o la Foresta di Endor in Star Wars. Sentieri ben segnalati si snodano attraverso i 7.400 ettari della foresta, ma chi scende dai sentieri di quella che in Giappone chiamano “Mare degli alberi” può facilmente nascondersi, scrive il New York Times.
Maejima ha rifiutato di commentare il video di Logan Paul ma ha criticato l’attenzione dei media per i suicidi in generale. “Episodio di YouTube a parte, la condotta rispetto ai nostri sforzi per prevenire il suicidio, non è buona”. Di recente, giovani coppie, famiglie e turisti stranieri hanno visitato le grotte e passeggiato per i sentieri della foresta, dove la luce del sole che filtra tra gli alberi smentisce le temperature gelide.
Camminando ad Aokigahara con gli amici, Weng-Ian, 21 anni, di Taiwan ha detto che voleva godersi il paesaggio, di aver letto report sul video di Paul che ha scatenato una bufera sui social, ed è rimasto deluso: “E’ stato irrispettoso nei confronti della famiglia del defunto”. Paul si è successivamente scusato, definendo un errore la pubblicazione del video ma YouTube lo ha messo al bando.
Il Giappone ha lottato a lungo per combattere l’alto tasso di suicidi. Nel 2016, secondo le statistiche del ministero della Salute e dell’agenzia di polizia nazionale, si sono tolte la vita 22.000 persone, un tasso di 17,3 su 100.000 persone. Il numero è un miglioramento rispetto al picco nel 2003 di quasi 34.500 persone o 27 su 100.000. Nel 2014, il tasso negli Stati Uniti era 13,5 su 100.000 persone.
Le pressioni sul posto di lavoro e a scuola, a lungo sono state accusate di scatenare la depressione che può portare al suicidio, così come l’isolamento sociale e la mancanza di servizi di salute mentale. I giapponesi culturalmente sono anche poco inclini a cercare una terapia, ha detto Tadaichi Nemoto, vice direttore dell’Istituto di salute mentale del Japan Productivity Center. Sebbene il Governo abbia richiesto a tutti i datori di lavoro con più di 50 lavoratori di offrire controlli periodici del livello di stress, la maggior parte dei lavoratori a cui viene consigliato di incontrare i consulenti rifiutano, ha detto Nemoto. “Quando sono depresse, le persone non sono abbastanza energiche, non vogliono andare dal medico. I giapponesi tendono a incolpare se stessi”.
In Giappone, quasi il 60% dei suicidi avviene in casa. Il Governo non fornisce statistiche dettagliate sui singoli luoghi in cui si verificano, ma la prefettura di Yamanashi, che comprende la foresta di Aokigahara, ha il quinto tasso più alto di suicidi. Storicamente, Aokigahara era un luogo noto perché i monaci andavano a lasciarsi morire di fame. Secondo il folklore giapponese, i fantasmi di coloro che si sono suicidati vagano nella foresta e coloro che entrano rischiano di non uscirne mai più.
La notorietà di Aokigahara risale al 1960, quando fu pubblicato “La Torre delle onde”, romanzo di Seicho Matsumoto, uno dei più noti scrittori giapponesi: il libro racconta la storia di una coppia di giovani innamorati che si tolgono la vita nella foresta. Da allora, è apparsa spesso come sito di suicidi in altri romanzi, programmi televisivi e film, tra cui due di produzione americana del 2016, “The Forest”, un thriller horror e il drammatico “The Sea of Trees”, Il mare di alberi.
“È un circolo vizioso. Le persone vengono nella foresta perché è un posto famoso”, ha detto Yutaka Motohashi, direttore del Japan Support Center for Suicide Countermeasures
Il centro di supporto incoraggia i mezzi di informazione ad osservare le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità evitando “informazioni dettagliate sul sito” rispetto ai tentativi di suicidio. Ma YouTube e altri social media aggiungono una nuova dimensione, ha detto Motohashi.
“Quando sono state create le linee guida, nessuno ha pensato all’impatto di YouTube, che è molto più potente di alcuni media tradizionali. E’ un nuovo modo per rivelare il suicidio”, ha sostenuto.
E riferendosi al video di Paul, Motohashi ha detto: “E’ difficile per i media riportare questo particolare caso mentre seguono le linee guida dell’OMS”. Nel suo video, Paul ha descritto Aokigahara come “infestata” da fantasmi “vendicativi, intenti a tormentare i visitatori e adescare quelli che sono tristi e persi”. Ha anche usato una statistica superata, dicendo che ogni anno nella foresta si suicidano 100 persone e sostenuto che “non c’è campo per telefonare” ma il NYT sostiene che né il giornalista né i colleghi in due ore di esplorazione in diversi posti della foresta, hanno perso il segnale.
Paul, scrive il tabloid statunitense, non è l’unico a diffondere disinformazione sulla foresta. I notiziari giapponesi hanno raccontato il mito secondo cui le persone con tendenze suicida possono perdersi facilmente perché le bussole non funzionano. Ma di recente, durante un tour, Masami Kishino, che ha lavorato come guida, ha dimostrato che la sua bussola funzionava bene, tranne in un parcheggio. La creazione del mito del suicidio non è limitato ad Aokigahara. Gli studiosi sottolineano che i ritratti dei media spesso parlano del Giappone come di una cultura in cui il suicidio è considerato “onorevole” o collegato alla disciplina dei samurai.
Idealizzare queste narrazioni o luoghi come Aokigahara, crea “un mito su quella che in reatà dovrebbe essere vista come una patologia”, ha detto Francesca Di Marco, autrice di “Suicidio nel Giappone del XX secolo”. Recentemente, un uomo con un berretto sui cui era ricamato “squadra speciale di pattuglia” ha descritto le misure pratiche che insieme ad altre persone stanno adottando per contrastare i suicidi.
L’uomo, di Fujikawaguchiko, ha dichiarato di non essere autorizzato dal datore di lavoro a dare il suo nome, e detto che se vede qualcuno che cammina da solo su un sentiero, si avvicina e inizia una conversazione. “Parlando possiamo capire qual è la loro intenzione. Le persone che cercano di suicidarsi danno riposte molto vaghe” su dove stanno andando o cosa stanno facendo nella foresta.
L’agente di pattuglia ha detto che quando sospetta che qualcuno sia entrato nella foresta per togliersi la vita, la maggior parte dei suicida sono uomini, chiama la polizia o chiede il numero di un familiare e scorta il visitatore all’ingresso. “Penso che salvare le vite sia un lavoro importante e non vogliamo che la foresta sia conosciuta come un luogo di suicidio. È disonorevole. Le persone devono godere della bellezza di questa foresta che ha 1.100 anni”.