RIYADH – In Arabia Saudita le istituzioni prendono talmente sul serio la stregoneria che il best-seller di J. K. Rowling, Harry Potter, è stata proibito. Nel 2009, il governo saudita ha creato un’unità speciale anti-magia il cui scopo è prevenire e sradicare il fenomeno, compiere indagini sui potenziali maghi e, perfino, rendere inoffensivi gli incantesimi. Qualcuno potrebbe, sorridendo, pensare ad un incrocio tra Csi e Buffy la strega, il tutto in salsa Lawrence d’Arabia, se non fosse che i metodi polizieschi della brigata sono tragicamente seri, e le pene giudiziarie severe.
L’Arabia Saudita è una monarchia islamica, che per legge non ammette il culto pubblico di altre fedi che l’islam. La famiglia regnante, come la maggior parte della popolazione, aderisce ad una branca dell’islam ultraortodossa, il wahabismo, e alla sua interpretazione letterale del testo sacro. Il Corano fa vece di costituzione dello stato, la quale – nel senso moderno del termine – è assente.
La credenza nella stregoneria è oggi quasi del tutto assente in Europa dopo aver infierito per secoli (il più famoso manuale di caccia agli stregoni, il Malleus Maleficarum fu scritto in pieno Rinascimento; le streghe di Salem datano della fine del 600). Circa la metà dei credenti nei paesi di confessione musulmana, stando ad una statistica del centro Pew, credono nei jinn – creature soprannaturali malefiche citate dal Corano – le quali possano arrecare danni all’uomo e, secondo alcune credenze, sono evocati o scacciati dagli stregoni. L’evocazione dei demoni è proibita da tutte le principali scuole interpretative del Corano ma il wahabismo, fondato su rifiuto radicale delle pratiche politeiste, è particolarmente intransigente nei confronti della magia.
Nel 2011, l’unità anti-magia di Riyadh ha portato a processo 586 casi di crimini legati alla magia. Nel 2012, 215 stregoni e stregone sono stati imputati. Sempre nel 2012, il governo ha annunciato di voler rafforzare la battaglia contro la magia, accusando per altro streghe e stregoni di essere una fonte d’instabilità religiosa e sociale nel paese.
La stregoneria è passibile della pena di morte in Arabia Saudita. Nel 2007 un medico egiziano è stato decapitato per crimini legati alla magia. Nel maggio scorso, due domestiche asiatiche sono state condannate a 1000 frustate e dieci anni di prigione per aver fatto subire un incantesimo ai loro capi.
La maggior parte degli imputati di stregoneria sono domestici stranieri provenienti dallo Sri Lanka, dall’Africa e dall’Indonesia. In un paese come l’Arabia Saudita, dove i culti non islamici sono proibiti, le pratiche tradizionali o folkloristiche straniere possono essere facilmente prese per atti di magia.
Spesso le imputazioni di stregonerie, secondo le associazioni di difesa dei diritti umani, non sono altro che contro-accuse formulate da datori di lavoro nei riguardi di domestiche maltrattate che si sono rivolte alla giustizia saudita. Lo storico Michelet notava, studiando il fenomeno della stregoneria europea, la netta preponderanza nei roghi delle donne: «Mille streghe per uno stregone». Da sempre, la credenza nella stregoneria serve come giustificazione della sopraffazione delle donne nelle culture maschiliste.
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