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Benedetto XVI, Via Crucis, amore, scandalo e anche un po’ di politica

di admin |3 Aprile 2010 9:52

Benedetto XVI lava i piedi ai chierichetti, in un rito del giovedì santo

A memoria d’uomo non c’è stata Pasqua più tormentata per la Chiesa cattolica di questa Pasqua 2010, che vede il Papa direttamente chiamato in causa da più parti, in America come in Europa, per come ha gestito, da cardinale, le varie vicende di preti pedofili psssate per le sue mani. Benedetto XVI, quando era ancora Joseph Ratzinger, è stato arcivescovo di Monaco di Baviera e capo della congregazione di Propaganda Fide (un po’ l’erede dell’inquisizione) e  ha seguito sempre la linea di tenere tutto sotto tono. Forse era anche preoccupato, e non a torto, dei riflessi economici che una troppo tempestiva ammissione di colpa poteva avere sul tesoro  della Chiesa, come ha dimostrato poi il dissanguamento del patrimonio immobiliare della Chiesa negli Stati Uniti in conseguenza dei risarcimenti che le varie diocesi sono state costrette a sborsare negli ultimi anni.

Probabilmente molti diversi pensieri si intrecciavano nella mente del Papa venerdì sera tardi, mentre la sua Mercedes nera sfrecciava per le strade di Roma, con pochissimo fastidio per il modesto traffico dell’ora, portando il sommo pontefice, facilmente riconoscibile dai pochi in circolazione per la sua mantellina rossa, al Colosseo per la celebrazione del rito della Via Crucis del Venerdì Santo.

Alcuni erano certamente pensieri di dolore e di sofferenza per le vittime degli abusi e delle violenze, tema sul quale Ratzinger come persona ha mantenuto, almeno a parole, una posizione molto netta. Probabilmente in Papa era anche infastidito dalle reazioni alle parole dette in sua presenza durante una predica ieri in San Pietro dal frate cappuccino Raniero Cantalamessa. Cantalamessa aveva paragonato gli attuali attacchi alla Chiesa all’antisemitismo, affermazione un po’ estrema, che ha provocato stizziti commenti in campo ebraico.

Alcuni pensieri ancora erano altrettanto certamente pensieri di preoccupazione per l’attacco cui la Chiesa è sottoposta in tutto il mondo, quasi come se tutti i pedofili si fossero fatti prete e non fossero distribuiti anche in altre fedi e altre categorie professionali. Al fondo probabilmente c’è il fatto che di tutte le organizzazioni religiose la Chiesa cattolica è quella che ingenti beni al sole, cosa che certamente contribuisce a aiutare il recupero della memoria dei soprusi e il coraggio di denunciare fatti che normalmente le persone e le famiglie preferiscono tenere nascoste: non c’è dubbio che un pensiero come questo tormenti il Papa, che non è solo un capo religioso ma anche un capo di Stato. Dalla consistenza patrimoniale del Vaticano dipende in larga misura l’azione di missionari, operatori, tanta gente brava e disinteressata che si dà da fare, in condizioni estreme, per il bene altrui.

Forse proprio queste preoccupazioni hanno spinto negli ultimi mesi Benedetto XVI ha stringere un rapporto molto forte e privilegiato con il governo di destra italiano, non solo mostrandosi pubblicamente in sereno rapporto con il primo ministro Silvio Berlusconi, ma lanciandosi in lodi nei confronti dell’inquisito Guido Bertolaso, lodi che una volta erano riservate ai templari che partivano per conquistare Gerusalemme, prima che pedofilia, sodomia e altre accuse assortite facessaro finire sul rogo i capi dell’ordine poi sbandato.

In questa logica di entente cordiale probabilmente va inquadrato l’incontro e il saluto con Renata Polverini, appena eletta presidente della Regione Lazio, contro la abominevole abortista Emma Bonino. L’incontro è avvenuto al termine del lungo e defatigante rito: questo aiuta a capire la tempra d’acciaio di cui è fatto Joseph Ratzinger, capace, come si dice, di mangiarsi in insalata tutti i nostri politici e anche quelli di altri paesi.

Benedetto XVI ha percorso la Via Crucis trasmessa in mondovisione in 60 paesi. Parlando ai fedeli di tutto il mondo, si è comportato come il padre spirituale del partito dell’amore di Berlusconi, dicendo: “Nasca in noi un rinnovato desiderio di convertire il nostro cuore all’amore, che è l’unica forza capace di cambiare il mondo. . . Nella storia l’uomo tocca il limite estremo della sua impotenza e la Croce appare come il segno dell’abbandono, della debolezza, del fallimento. Ma essa è diventata invece il segno del nuovo inzio, dell’amore sconfinato di Dio”. La Risurrezione che celebrermo domani notte  rappresenta “l’alba della luce che permette di vedere in modo nuovo la vita”. 

 “Il Venerdì Santo è il giorno della speranza più grande, quella maturata sulla croce mentre Gesù muore, mentre esala l’ultimo respiro. Egli sa che la sua morte diventa sorgente di vita, come il seme del terreno deve rompersi perché la pianta possa nascere. Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo, se invece muore produce molto frutto. Gesù  è il chicco di grano che cade nella terra, si spezza, si rompe, muore, e per questo può portare frutto. I nostri insuccessi, le nostre delusioni, le nostre amarezze, che sembrano segnare il crollo di tutto, sono illuminate dalla speranza. La luce sfolgorante della Risurrezione tutto avvolge e trasforma. Dal tradimento può nascere amicizia, dall’odio l’amore”.

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