Bielorussia, attentato nel metrò di Minsk: 11 morti

Pubblicato il 11 Aprile 2011 - 21:28 OLTRE 6 MESI FA

MOSCA – Un attentato terroristico, il primo della storia bielorussa se verrà confermato: è la pista privilegiata dalla polizia per l’esplosione che nella serata di lunedì ha causato a Minsk, capitale della Bielorussia, la morte di almeno undici persone e il ferimento di altre 100 nella stazione della metropolitana Oktiabrskaia. Il bilancio è’ stato fornito dallo stesso presidente Aleksandr Lukashenko, la cui residenza amministrativa si trova a soli 100 metri dall’esplosione.

Alcuni analisti non escludono però una sorta di strategia della tensione per distrarre il Paese dalle sue difficoltà a 360 gradi. ”Il carattere delle lesioni subite dalle vittime e alcuni indizi esterni dimostrano che è stato un attentato terroristico”, ha riferito una fonte di polizia che ha voluto mantenere l’anonimato. Alcuni testimoni, inoltre, hanno sostenuto di aver visto un cratere, provocato probabilmente dalla detonazione di un ordigno. L’esplosione è avvenuta sulla piattaforma all’arrivo di due treni, da direzioni diverse, intorno alle 18:00 locali (le 17:00 in Italia), ossia nell’ora di punta.

L’atrio si è riempito di fumo nero mentre la gente cercava di allontanarsi velocemente ma senza scene di panico, come ha mostrato la tv russa proponendo le prime testimonianze dei feriti con il volto insanguinato e le immagini del dramma, compresa una scala mobile divelta. ”Ho sentito un boato e poi il fumo ha invaso la piattaforma, ho sentito molte persone urlare e cadere a terra”, ha detto uno di loro. Anche l’intervento dei soccorritori si è svolto in modo ordinato, con decine di ambulanze e camion dei vigili del fuoco in azione. Ad alcuni feriti sono state messe le flebo subito all’uscita della metropolitana.

Lukashenko ha voluto deporre un mazzo di fiori nel luogo dell’esplosione prima di presiedere una riunione di emergenza, senza rilasciare dichiarazioni. Finora la Bielorussia non aveva mai conosciuto il fenomeno del terrorismo, a parte l’esplosione di un ordigno artigianale che il 4 luglio 2008, giornata dell’indipendenza, causò 50 feriti in una via del centro di Minsk. Ma fu considerato alla stregua di un atto di teppismo. Lukashenko guida con pugno di ferro questo tranquillo Paese di 10 milioni di abitanti dal 1994 e ha un pieno controllo della società anche attraverso i servizi segreti, che qui portano ancora il nome del famigerato Kgb. Definito l’ultimo dittatore d’Europa dalla Casa Bianca in epoca Bush, era riuscito ad ottenere nuovo credito dalla Ue ma lo ha perso completamente nelle elezioni del 19 dicembre quando ha represso duramente la protesta popolare contro la sua quarta rielezione consecutiva: con oltre l’80% dei voti e la sonora bocciatura dell’Osce, costretta nei giorni scorsi a chiudere il suo ufficio a Minsk.

Centinaia di arresti, tra cui decine di oppositori, candidati presidenziali e giornalisti in parte ancora in carcere. Alcuni sono riusciti a fuggire, altri hanno denunciato di essere stati torturati. Un colpo di Stato orchestrato da Germania e Polonia, aveva accusato Lukashenko. La Ue gli ha imposto nuove sanzioni, l’Fmi ha congelato i negoziati per i crediti, le riserve in oro e valuta straniera sono andate quasi a secco costringendo a svalutare il rublo bielorusso del 10%. Con il prezzo del petrolio in continua ascesa, i forzieri vuoti e l’isolamento internazionale (a parte il precario dialogo con Mosca), Minsk rischia il naufragio di quel welfare e di quella stabilità che avevano garantito finora la sopravvivenza di un dinosauro comunista in Europa. Per questo alcuni analisti non escludono una sorta di ‘strategia della tensione’ per distrarre l’attenzione di un’opinione pubblica sempre più preoccupata per il suo futuro.