Minori: bambino marocchino non può entrare in Italia, la ‘kafala’ non è riconosciuta

Una famiglia spaccata tra Italia e Marocco. Un bambino di due anni che l’Italia non fa entrare perché la “kafala” -corrisponde a una sorta di affido familiare illimitato- la più alta forma di protezione dell’infanzia abbandonata per i Paesi dell’Islam, non è riconosciuta nell’ordinamento italiano. E’ l’ennesimo caso segnalato all’Associazione Amici dei Bambini (Aibi), questa volta da una coppia di marocchini residenti da 30 anni in Liguria, che non riescono a portare con sé il bambino accolto in Marocco con la kafala.

Per le istituzioni marocchine Amhid (nome di fantasia) è un bambino accolto da Mohammed Barakat e dalla moglie, ma non è così per l’Italia, che ancora non ha disciplinato questo istituto di diritto islamico, anche se avrebbe dovuto farlo entro il 5 luglio scorso attraverso la firma della Convenzione dell’Aja del 1996. Era questa la data termine stabilita dal Consiglio Europeo per i Paesi ritardatari come l’Italia. Amhid è figlio di una giovane ragazza madre che, senza farlo sapere alla famiglia di origine, ha deciso di metterlo al mondo per poi abbandonarlo.

La famiglia Barakat, conosciuta la sua storia da una amica della ragazza madre, ha deciso di prendersi cura di questo neonato. A maggio le autorità marocchine hanno affidato in kafala Amhid alla coppia; a giugno è stata negata la richiesta del visto per farlo entrare in Italia. Oggi la famiglia Barakat è divisa tra l’Italia e il Marocco: il marito deve stare in Liguria per seguire la sua attività commerciale e la moglie e’ rimasta in Marocco per stare insieme al bambino. “I motivi per cui è stato negato il visto ad Amhid sono assurdi – racconta Mohammed – uno su tutti: si dice che la madre biologica è in vita, ma Amhid è un bambino abbandonato. La ragazza che l’ha messo al mondo non ha nessuna possibilità di prendersi cura di lui, né ha mai richiesto di vederlo poiche’ considera questa nascita una vergogna da nascondere”.

La Kafala è un istituto giuridico che non prevede la rottura dei legami di sangue con la famiglia di origine e quindi l’adozione legittimante del bambino così come avviene negli altri Paesi di origine dei minori adottabili.

Gestione cookie