Bin Laden, detective della Cia svela: “Così trovammo il corriere che ci portò ad Abbottabad”

Bin Laden, detective della Cia svela: "Così trovammo il corriere che ci portò ad Abbottabad"
Bin Laden, detective della Cia svela: “Così trovammo il corriere che ci portò ad Abbottabad”

WASHINGTON – Il detective James Mitchell, ingaggiato dalla Cia, ha rivelato come, grazie ad alcune indiscrezioni trapelate dai detenuti di Guantanamo Bay, l’intelligence riuscì ad individuare Osama Bin Laden. A sei anni dalla scomparsa del fondatore di Al-Qaeda, Mitchell la scorsa settimana è apparso su un emittente televisiva americana per raccontare come, insieme ad altri detective, ebbe modo di ottenere informazioni fondamentali da due dei confidenti più stretti, che gli confessarono il nascondiglio segreto in Pakistan.

A introdurre i due prigionieri al detective fu Ammar al-Baluchi, imprigionato insieme allo zio Khalid Sheikh Muhammed, mente dell’attentato dell’11 settembre. Durante un’intervista, Baluchi si lasciò “sfuggire” che un corriere stava recapitando alcune missive al noto criminale, ma quando lo zio negò le affermazioni, gli investigatori  tornarono da lui, che continuava a sostenere fermamente di stare “dicendo solamente la verità”.

“Sta mentendo, non so perché, ma sta mentendo” ha detto Mitchell. Muhammed ha sollevato dei sospetti dopo aver inviato un messaggio ad un compagno estremista, anche lui nella stessa prigione, in cui lo esortava a non menzionare, per nessun motivo, l’esistenza del corriere durante gli interrogatori.

Il corriere era Abu Ahmed al-Kuwaiti: grazie ad una telefonata, i detective riuscirono ad arrivare al rifugio di Abbottabad, dove Bin Laden si nascondeva. Indizi di vitale importanza furono dati da un altro prigioniero di Guantanamo, che spiegò loro il metodo di comunicazione adottato affinché non si potesse comprendere facilmente, un mix di lingua araba e termini Pashto.

“Ciò che permise di trovare il corriere fu proprio il suo modo di comunicare: sembrava che avesse problemi ad esprimersi, invece era di lingua madre araba sostituendo parole a caso in Pashto, rendendo il dialogo difficilissimo da interpretare” ha spiegato Mitchell che ha difeso, inoltre, le cosiddette “Tecniche di Interrogatorio Avanzate”, senza le quali Osama Bin Laden non sarebbe mai stato preso.

“Penso che chiunque avrebbe incontrato enormi difficoltà a ottenere le informazioni che ci hanno fornito i detenuti, ma grazie alle tecniche di interrogatorio avanzate siamo riusciti a scovarlo” ha detto Mitchell, aggiungendo che il cosidetto “waterboarding”, forma di tortura dove vengono immobilizzati i piedi in modo che si trovino più in alto della testa e nel mentre viene versata acqua in bocca al detenuto, non venne mai utilizzato per individuare l’esatta posizione del terrorista: “Il waterboarding fu usato solo su due persone, ma non per sapere dove fosse Bin Laden, solo per porre fine ai catastrofici attacchi: nonostante fosse molto importante, trovare Bin Laden non era il fine del waterboarding”  ha concluso Mitchell.

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