WASHINGTON – Bin Laden non si era nascosto nel compound di Abbottabad, ma era rinchiuso lì dai servizi segreti pachistani. E il blitz americano che portò alla sua morte avvenne grazie alla soffiata di una fonte pachistana. Lo sostiene Seymour Hersh, giornalista premio Pulitzer, che in un articolo pubblicato sulla London Review of Book scrive come l’uccisione dell’allora terrorista numero uno per gli Usa non fu a suo avviso un’operazione tutta americana come la Casa Bianca ha sempre sostenuto, ma che fu possibile grazie alla collaborazione con l’intelligence pachistana.
Hersh, citando in particolare una fonte nell’intelligence Usa a conoscenza del dossier, sostiene che, al contrario della ‘versione ufficiale’ fornita dalla Casa Bianca, in realtà Bin Laden non aveva scelto il compound di Abbottabad per nascondersi, ma vi si trovava tenuto prigioniero dai servizi pachistani e che gli Stati Uniti ne vennero a conoscenza grazie ad una soffiata da parte di una fonte pachistana, pagata 25milioni di dollari.
La Casa Bianca non ha per il momento commentato l’articolo. Hersh ha vinto il premio Pulitzer nel 1970 per un dirompente reportage sul massacro di My Lai durante la guerra in Vietnam e ha scritto su Iraq, Iran e Siria. E’ stato tuttavia anche criticato per fare vasto uso di fonti anonime nei suoi articoli.