LOS ANGELES – Il mistero della Black Dahlia, la dalia nera, dura da 70 anni e non è stato mai risolto. Black Dahlia è il soprannome che fu dato dai giornali a Elizbeth Short, una ragazza uccisa a 23 anni di età a Los Angeles il 15 gennaio 1947.
Da quel 15 gennaio sono trascorsi 70 anni. Il suo cadavere fu trovato tagliato in due pezzi proprio alla vita e in parte mutilato, con segni di torture e sevizie. Il mistero ancora avvolge l’orribile delitto. Ci sono stati libri, un film, numerosi sospettati, molti auto accusati ma nessuna indicazione precisa di un colpevole.
La mattina del 15 gennaio 1947, Betty Bersinger stava passeggiando con la figlia di tre anni lungo una strada di periferia nel vicino quartiere di Leimert Park, quando vide quelle che pensava fossero due metà di un manichino da sarto.
Non lo era. La Short era stata squarciata in due parti, all’altezza della vita e completamente dissanguata. Era stata mutilata, l’intestino rimosso, la bocca aveva un profondo taglio da un orecchio all’altro, creando un raccapricciante effetto conosciuto come Glasgow smile (il sorriso di Glasgow), uno sfregio rituale delle gang inglesi degli anni Venti. La giovane aveva segni di corda sui polsi, sulle caviglie, sul collo. Un sadico accanimento: Elizbeth era stata anche sodomizzata.
Il suo corpo, prima di essere abbandonato in un campo tra le erbacce, era stato lavato. La natura “brutale, misogina e rituale” dell’assassinio, fece sì che la stampa scandalistica e non iniziasse a seguire il caso in modo quasi morboso, dice Glynn Martin, ex sergente della polizia di Los Angeles e storico.
Furono interrogati più di 50 sospetti, uomini e donne, alcuni dei quali confessarono il delitto ma l’omicidio non fu mai risolto.
C’era anche il collegamento al fascino della zona. La vittima “viveva a Hollywood ed aspirava a diventare un’attrice”, racconta Martin. Perché Dalia Nera? L’anno precedente al delitto era uscito sugli schermi “The Blue Dahlia” (La Dalia Azzurra), un noir con Veronika Lake e Alan Ladd. Chiamarla Dalia Nera per i capelli scuri della vittima, il passo fu breve.
Nei decenni successivi, il caso ha ispirato tesi universitarie, progetti artistici e il nome di una band death metal, così come videogiochi e show televisivi. Nel 2006, è stato girato un film sul delitto, The Black Dahlia, diretto da Brian De Palma, un adattamento del romanzo best-seller “neo-noir” di James Ellroy ispirato al caso. Lo stesso Ellroy afferma di non avere alcuna speranza che sarà mai trovato il colpevole.
“Non sarà mai risolto poiché è stato concepito per non essere risolto”, spiega lo scrittore. Come per i delitti di Jack lo Squartatore a Londra, nel XIX secolo, ogni tanto vengono sfornate nuove teorie. Steve Hodel, un ex detective della omicidi, recentemente ha affermato che il padre George, un medico, era l’assassino, responsabile anche di altri rilevanti delitti. Un cane da cadavere, nel 2013, fiutò dei resti umani nell’ex abitazione di Hodel ma, ovviamente, il corpo della Short era stato trovato da tempo.
Alcuni teorizzano che l’omicidio sia stato il risultato di un appuntamento poi degenerato in tragedia o che la Short, perennemente al verde, avesse fatto l’autostop per tornare a casa, pratica all’epoca diffusa, e avesse accettato un passaggio dalla persona sbagliata. Non appena il cadavere fu scoperto, il Los Angeles Herald-Express e il sensazionalista Los Angeles Examiner fecero ampio uso dello stretto rapporto che tutti i giornali avevano con il dipartimento di polizia di Los Angeles.
A quel tempo era un fatto normale pubblicare in prima pagina la lettera d’addio di un suicida e le foto di corpi insanguinati, anche se a volte erano modificate o ritoccate come quello nudo della Short, su cui il fotoreporter mise una coperta. Le foto di un suicidio erano corredate da frecce che evidenziavano la posizione del cadavere.
L’Examiner, sulla storia di Black Dahlia ha aggiunto delle complete invenzioni, scambiando il completo indossato dalla Short con camicetta e gonna stretta, il che lasciava intendere che aveva avventure sessuali promiscue.
Una vita movimentata e sfortunata, quella di Elizabeth Short dai grandi occhi azzurri. Nacque a Hyde Park, un quartiere di Boston, e da piccola si trasferì con la madre Phoebe Mae e 4 sorelle a Medford (Massachusetts); il padre Cleo nel 1930 aveva lasciato la famiglia e si era trasferito a Vallejo (California).
Elizabeth, per gli amici Betty ma a lei piaceva Beth, soffriva d’asma: l’estate rimaneva con la madre e le sorelle a Medford e d’inverno andava in Florida per curarsi. Abbandonò presto gli studi e iniziò a fare la cameriera. A 19 anni raggiunse il padre in California, si trasferirono successivamente a Los Angeles ma la convivenza durò poco tempo. Dopo un litigio lasciò la casa paterna e trovò lavoro in un ufficio postale a Campo Cooke, California.
Si trasferì poi a Santa Barbara, nel settembre del 1943 fu arrestata per ubriachezza, per la legge californiana era ancora minorenne, e rispedita a Medford, dalla madre. Per un periodo di tempo lavorò alla mensa dell’Università di Harvard ma, poi, ancora una volta, raggiunse la Florida dove incontrò Matthew M. Gordon, maggiore dell’Aeronautica in procinto di essere trasferito al fronte, nel Sud Est Asiatico.
Gordon, che ottenne molti prestigiosi riconoscimenti durante la guerra, mentre era ricoverato in un ospedale militare in India scrisse ad Elizabeth, chiedendole di sposarlo. La giovane Beth accettò, ma il maggiore nel corso di un incidente aereo, morì il 10 agosto 1945.
A quel punto, la giovane donna lasciò la Florida e nel luglio 1946 tornò in California per riunirsi a un’ex fiamma, il luogotenente Gordon Fickling, di stanza a Long Beach. Durante la sua permanenza a Long Beach fu soprannominata Dalia Nera per la passione che aveva per il film “La dalia azzurra” e l’abitudine a vestirsi in nero.
Nell’agosto 1946, Elizabeth sbarcò ad Hollywood con la speranza di diventare un’attrice ma riuscì soltanto a ottenere ruoli in film per adulti, all’epoca illegali negli Stati Uniti. Fu vista viva, per l’ultima volta, il 9 gennaio 1947 nella hall del Biltmore Hotel di Los Angeles, probabilmente in compagnia di un uomo.