Cesare Battisti: “Estradizione è morte”. Bruno Vespa: “Purtroppo no”

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Cesare Battisti: “Estradizione è morte”. Bruno Vespa: “Purtroppo no”

ROMA – “L’estradizione è morte”, dice Cesare Battisti. “Purtroppo no”, replica cinico Bruno Vespa. Il commento di fuoco è apparso sul profilo Twitter di Vespa dopo l’ennesimo capovolgimento sulle sorti dell’ex terrorista dei proletari armati per il comunismo. Battisti, latitante da 36 anni, rifugiato politico in Brasile, arrestato e subito rilasciato la scorsa settimana, rischia ora di essere rispedito in Italia a scontare la sua pena. Il presidente Michel Tremer avrebbe deciso di revocargli l’asilo politico concessogli dall’ex presidente operaio Lula e di espellerlo.

“Se il Brasile confermerà la mia estradizione mi consegnerà alla morte”, ha detto Battisti ai media brasiliani mostrando abbattimento e preoccupazione. Nessuna pietà dal conduttore di Porta a Porta che su Twitter ha commentato: “Purtroppo no. Siamo un paese civile che gli assassini li mette solo in galera”.

Tutti i passi per l’estradizione dell’ex terrorista sono stati fatti, ha confermato ieri il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, in sintonia con quello degli Esteri, Angelino Alfano, che ha detto di nutrire “grande fiducia” nell’operato del capo di Stato verdeoro. Mentre il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi, ha sottolineato – in un Forum all’Ansa – che “Battisti non ha nulla di eroico e molto di criminale”.

Battisti, che pochi giorni fa brindava quasi beffardo all’indirizzo dei fotografi, sicuro di sentirsi “protetto” nel paese sudamericano, ora si interroga: “Perché non ho diritto di restare qui?”. L’ex membro dei Proletari armati per il comunismo rivolge la domanda ai giornalisti di O Estado de S.Paulo, ai quali ha aperto le porte della casa di Cananeia, sul lungomare di San Paolo, dove ha fissato la residenza. La stessa abitazione che la polizia federale sta “sorvegliando giorno e notte” per accertarsi della sua presenza, fa sapere la stampa locale. Gli agenti hanno ricevuto, in particolare, l’ordine di fotografare la casa, per confermare la sua presenza sul posto.

“Non so se il Brasile vorrà macchiarsi sapendo che il governo e la stampa hanno creato questo mostro in Italia”, afferma Battisti, in un misto tra lo sfogo e la supplica. “Non sono un clandestino, non sto compiendo nessun illecito”, ha detto più volte ai giornalisti, dicendosi “molto preoccupato” all’idea di non poter rivedere suo figlio di quattro anni, avuto dalla moglie brasiliana. Poi è tornato sul suo arresto nella città di Corumbà, al confine con la Bolivia, avvenuto la settimana scorsa, per sospetto traffico di valuta. Un episodio che gli inquirenti hanno inquadrato come un tentativo di fuga all’estero.

“Se avessi voluto andarmene non mi sarei recato in Bolivia, avrei scelto l’Uruguay, perché è un paese un po’ più affidabile ed è dove ho più relazioni”, si difende Battisti. I suoi legali intanto, si sono detti “fiduciosi” che Temer “rispetterà le norme brasiliane” e non lo rispedirà in Italia, “nonostante le pressioni politiche interne ed esterne”. “La revisione della decisione presidenziale non è più possibile”, insiste la difesa di Battisti facendo riferimento al decreto dell’ex presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva, che nel 2010 negò l’estradizione dell’italiano e gli concesse asilo politico.

Ma diverse fonti politiche rivelano che l’ufficio legale del presidente della Repubblica avrebbe già pronta la strategia per rendere inevitabile l’estradizione dell’ex estremista rosso, condannato in Italia all’ergastolo per quattro omicidi commessi durante gli anni di piombo.

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