Cesare Battisti, fine corsa. E fine, si spera, della balla dell'Italia come Pinochet Cesare Battisti, fine corsa. E fine, si spera, della balla dell'Italia come Pinochet

Cesare Battisti, fine corsa. E fine, si spera, della balla dell’Italia come Pinochet

Cesare Battisti, fine corsa. E fine, si spera, della balla dell'Italia come Pinochet
Cesare Battisti, fine corsa. E fine, si spera, della balla dell’Italia come Pinochet

ROMA- Cesare Battisti, fine corsa. Il Brasile lo ha arrestato mentre provava la fuga in Bolivia. Di fuga si trattava, lo attestano i soldi che Battisti aveva con sé, tutti quelli che si prendono e si portano quando si vuole definitivamente cambiare aria. E soprattutto lo attesta l’aria che tirava (e Battisti aveva annusato) al Ministero della Giustizia brasiliano. Aria di estradizione, aria di un sì del governo brasiliano alla richiesta antica del governo di Roma di rimandare Battisti in Italia.

Fine corsa, dovrebbe essere il fine corsa, il fine di una lunga corsa. Cesare Battisti milita negli anni ‘7o in un gruppo di fuoco del terrorismo rosso. Viene accusato e condannato all’ergastolo per quattro omicidi. Ma scappa e soprattutto trova rifugio in Francia. E qui comincia la corsa non del fuggitivo, la corsa di una balla piena di nulla e che pure ingrossa, ingrossa…Battisti come altri italiani scappati in Francia dopo essersi macchiati di reati legati al terrorismo chiamiamolo rosso racconta di un’Italia in preda ad una sorta di dittatura. Dittatura che opprime le libertà fondamentali, incarcera e anche peggio. Insomma l’Italia degli anni ’70 del secolo scorso più o meno come il contemporaneo Cile di Pinochet.

Che Battisti la racconti così non sorprende, a parte la sua spudoratezza. Ci sta che il colpevole racconti balle. Sgomenta invece che la gauche intellettuale francese ci creda. La gauche intellettuale francese! La Francia sta qui a due passi, non dall’altra parte del mondo. E ospita, accoglie, coccola, protegge, compiange Battisti. Perché, se colpevole, colpevole solo di aver reagito ai gorilla che fanno dittatura in Italia. E’ offensivo verso l’Italia questo atteggiamento che diventa anche moda. Battisti viene trasfigurato non solo a testimone del tempo, perfino in scrittore di un certo successo. E’ offensivo questo pensare anche per l’intelligenza minima e l’onestà intellettuale minima della gauche francese.

Ma tant’è: Battisti resta a lungo in Francia trattato con cura e amore come si fa con un cucciolo abbandonato lungo al strada da cattivi e crudeli. La sua “sofferenza” commuove molte signore e signori. Però alla lunga Francia intesa come governo sa che tenersi in casa protetto e quasi riverito un pluri assassino secondo regolare sentenza di Tribunale di Stato amico non è proprio una cosa che regge, sta bene. E quindi Francia intesa come Stato in maniera più o meno ufficiale fornisce a Battisti documenti e autorizzazione e indirizzo. Per un nuovo porto sicuro: il Brasile.

Battisti va in Brasile e anche qui la balla dell’Italia come Pinochet ha un suo pubblico. Quindi il governo brasiliano respinge e respinge la richiesta italiana di estradizione. Nonostante la magistratura brasiliana non sia d’accordo sulla legalità nazionale e internazionale della intoccabilità di Battisti. Però anche in Brasile, dagli e dagli…

Anche in Brasile questa balla dell’Italia come Pinochet e di Cesare Battisti fuggito dalla dittatura si sfilaccia, decompone, appare per quel che è: una balla oscenamente ridicola. E quindi governo Brasilia si prepara a dire sì all’estradizione. E quindi Battisti prova a darsi in Bolivia. Fine corsa e, si spera, fine della balla dell’Italia come Pinochet. Una balla cui qualcuno, pochi per fortuna, hanno mostrato o fatto finta di credere anche in Italia. Qualcuno di questi purtroppo ha avuto la spudoratezza incontinente di propalarla pure questa balla. Speriamo, ma non ci giureremmo, sia fine corsa davvero il giorno che Battisti arriverà in Italia per scontare la giusta pena.

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