BUENOS AIRES – “E’ meglio così, non avrei mai dovuto essere catturato vivo”. Sarebbero state queste le parole di Ernesto Che Guevara quando capì che sarebbe stato fucilato. Le racconta l’ex agente della Cia Felix Rodriguez, presente al momento della cattura del Che e autore delle ultime foto in cui lo si vede vivo. Nel 46.o anniversario della sua morte, il 9 ottobre 1967, diversi protagonisti di quegli storici momenti dopo la cattura del rivoluzionario argentino da parte di una pattuglia boliviana a La Higuera, ricordano le sue ultime ore con ricostruzioni che non hanno mancato di suscitare polemiche.
In particolare l’ex generale Gary Prado Salomòn, che all’epoca era un capitano della fanteria e partecipava alle operazioni contro il gruppo armato diretto dal Che, ha raccontato in un’intervista quella che secondo lui è stata la sua ultima conversazione con Guevara. L’allora giovane ufficiale gli chiese cosa fosse successo in Congo, il paese africano dove aveva cercato di lanciare un movimento di guerriglia senza alcun successo. La risposta di Guevara sarebbe stata amara: “No, laggiù stanno ancora appesi agli alberi. In Africa c’erano problemi tribali, non ideologici”.
Prado Salomòn sostiene che anche in Bolivia i guerriglieri avevano problemi tribali: “Si muovevano in un territorio che non conoscevano, e il Che passava ore a cercare di fare imparare il quechua ai suoi combattenti: ma a cosa gli sarebbe servito se in quella zona i contadini parlavano il guarani o lo spagnolo?”, commenta. Interrogato sul motivo per il quale aveva deciso di lanciare la lotta armata in Bolivia, Guevara avrebbe ammesso che “sì, forse ci siamo sbagliati”, e quando il militare gli chiese chi aveva preso la decisione di mandarlo a combattere in quel paese si limitò a rispondere “Non sono stato io, è stato ad altri livelli”, senza dare altri dettagli.