Le donne vecchie (27 anni) devono sposarsi. Lo dice il partito comunista cinese

PECHINO – La Cina adotta tecniche di pressione sulle donne nubili, specialmente se diplomate, perché queste siano convinte a sposarsi. Negli organi di stato e nei media il fenomeno delle donne non sposate e in età da marito è divenuto un soggetto di discussione. Con sessistica ineleganza le donne di più di ventisette anni sono chiamate «leftover women», donne lasciate da parte.

A riguardo, un film drammatico, trasmesso alla televisione un paio di anni fa, non andava per il sottile. Gli autori lo avevano finemente intitolato «Le donne vecchie dovrebbero sposarsi». La trama raccontava di una donna (vecchia) di 33 anni che vedeva sua sorella più giovane sposarsi, che subiva una trafila di appuntamenti al buio fallimentari (tra i quali uno spacciatore) ed, infine, ascoltava la famiglia incitarla a smettere di essere schizzinosa e trovarsi un uomo.

Sempre pochi anni fa, il sito internet dell’agenzia, pur femminista, della Federazione delle Donne Cinesi aveva lanciato una campagna rivolta alle «donne lasciate da parte», un po’ per incitarle a sposarsi un po’ per stigmatizzarne l’«egoistico» comportamento.

Si potevano leggere titoli da tabloid sentimentali come «Superare i quattro grandi blocchi emotivi: le donne lasciate da parte possono riuscire a trovare un uomo», «Quattro semplici mosse per sfuggire alla trappola delle donne lasciate da parte» e perfino aggressive campagne di colpevolizzazione come «Le donne lasciate da parte meritano veramente la nostra compassione?».

Secondo Leta Hong-Fincher, un’americana che sta terminando il suo dottorato in sociologia e che ha già scritto articoli sul fenomeno, la campagna di stigmatizzazione delle donne «lasciate da parte» è iniziata nel 2007. E’ in quel momento che gli apparati del partito e dello stato hanno compreso appieno le conseguenze dello squilibrio demografico fra i sessi in Cina.

La politica del figlio unico imposta a generazione di cinesi ha avuto, tra i suoi diversi risultati, quello di procedere ad aborti selettivi in favore dei neonati maschi. La presenza di maschi celibi, con poche possibilità di sposarsi a causa del minor numero di donne, provoca rischi concreti di disagio sociale.

Negli ultimi anni, lo stato Cinese ha deciso di procedere ad una politica di natalità che tenti di mitigare le potenziali tensioni e che sia improntata, secondo una terminologia impiegata fino a pochi mesi fa dal governo, a criteri «eugenetici». In questo contesto, le donne diplomate e urbanizzate sono, per il governo, un target importante perché vengono considerate come donne con un tasso di fecondità potenzialmente aumentabile e «di qualità superiore». Per raggiungere i suoi scopi, però, il governo non rinuncia ad adoperare i peggiori argomenti del sessismo tradizionale, come quando scrive sul sito dell’agenzia femminista nazionale queste parole.

«Le ragazze carine non hanno bisogno di educazione per sposarsi con un uomo ricco e potente, ma le ragazze nella media oppure decisamente bruttine hanno invece delle difficoltà. Questo tipo di ragazze spera di prolungare la propria formazione per aumentare la propria competitività. Il dramma è che non comprendono che, invecchiando, le donne valgono sempre meno. Così, quando avranno infine il loro Mba o il loro dottorato saranno già vecchie, come perle ingiallite».

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