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Corea del Sud: il potere è donna…ma la disoccupazione anche

di luiss_vcontursi |2 Marzo 2010 20:10

La Corea del Sud è stretta in una contraddizione: aumenta a dismisura la presenza femminile nelle amministrazioni pubbliche ma tra le donne il livello di disoccupazione è a livelli disarmanti. Solo il 60% di quelle diplomate e laureate lavora, e la maggior parte di loro sono sottopagate.

Lo scorso anno il 47% dei vincitori di un concorso per accedere alle alte cariche in agenzie governative o diplomatiche, erano donne. Una cosa impensabile fino a otto anni fa. Nel 1992, ad esempio, la percentuale per lo stesso concorso era del 3.2%.

E sono state così tante le donne entrate in questi anni nei servizi pubblici che nel 2003 il governo ha deciso di stabilire il tetto massimo di impiegati maschi nei dipartimenti governativi al 30%. Fino al 1996 esattamente lo stesso tetto era fissato per le donne.

Una storia che si ribalta, dunque. E il risultato è che oggi i manager si lamentano perché non hanno più dipendenti uomini.

La scelta di aumentare il numero di donne nel settore pubblico è stata più che altro una scelta del governo per dare alla popolazione un segnale di apertura e rinnovamente dopo dieci anni di potere militare.

Ma le nuove percentuali non devono oscurare l’altro aspetto, certo meno “rosa”, della situazione delle donne nella Corea del Sud. Non solo le donne hanno pochi diritti tra le mura domestiche ma se paragoniamo la loro condizione lavorativa con quella delle donne degli altri Paesi industrializzati, si trovano dei gup quasi incolmabili.

Nel 2007, infatti, solo il 60.9% delle donne con diploma e laurea lavoravano, il dato più basso tra i 30 Paesi dell’Ocse.

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