Coronavirus, in Cina approvato farmaco a base di bile di orso Coronavirus, in Cina approvato farmaco a base di bile di orso

Coronavirus, in Cina approvato farmaco a base di bile di orso

PECHINO  –  L’ultimo ritrovato cinese per curare il coronavirus? La bile estratta dagli orsi. Sarebbe infatti questo il principio attivo contenuto nel farmaco Tan Re Qing, le cui iniezioni sono consigliate dalle autorità sanitarie cinesi per trattare i pazienti critici colpiti da Covid-19. 

L’indicazione è stata scoperta dalla Environmental Investigation Agency (EIA), ong con sede a Londra impegnata nella tutela della natura e la notizia arriva dal National Geographic, che cita la settima revisione del documento Diagnosi e terapia della nuova polmonite da coronavirus, pubblicato dalla Commissione Sanitaria Nazionale Cinese (NHC). In quel documento sono contenute le terapie raccomandate contro il coronavirus. Tra queste, il Tan Re Qing.

Non è certo la prima volta che la medicina tradizionale cinese utilizza la bile di orso, che da secoli viene estratta da questi poveri animali, che vengono appositamente allevati in fattorie ad hoc, dove vengono tenuti in gabbia. 

Qui agli orsi vengono applicati dei cateteri intestinali collegati a rubinetti che lasciano fluire la bile in appositi recipienti.

Il principio attivo alla base della bile di orso è l’acido ursodesossicolico (o ursodiolo), del quale è stata verificata la capacità di trattare calcoli biliari e altre malattie del fegato, come specificato dal National Geographic.

Il professor Clifford Steer, docente dell’Università del Minnesota di Minneapolis, ha dichiarato al giornale di non essere a conoscenza di eventuali benefici specifici per il trattamento della COVID-19, tuttavia suggerisce che le proprietà antiinfiammatorie e di attenuazione della risposta immunitaria (come del resto fa il farmaco Tocilizumab per l’artrite reumatoide) potrebbe avere degli effetti.

Ma l’acido ursodesossicolico esiste anche in versione sintetica, prodotta in laboratorio. Inoltre va ricordato che proprio il coronavirus si è diffuso tra gli umani dai pipistrelli, o comunque, molto probabilmente, dalle condizioni igienico sanitarie disastrose date dalla convivenza di uomini e animali in Cina. Come nota la Environmental Investigation Agency “non potrebbe esserci un momento migliore per porre fine all’uso di parti di animali selvatici minacciati nella medicina tradizionale”. (Fonte: National Geographic)

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