PECHINO – E’ giallo in Cina per la scomparsa del magnate Ren Zhiqiang, noto per le sue critiche esplicite al presidente Xi Jinping, definito un “pagliaccio” affamato di potere per la gestione dell’epidemia di coronavirus e per il bavaglio messo a chi per primo aveva lanciato l’allarme. Lo scrive il New York Times, citando amici dell’ex imprenditore che si dicono preoccupati per la sua scomparsa.
“Siamo molto preoccupati per lui. Continuerò a cercarlo”, ha dichiarato una ex imprenditrice Wang Ying, sua amica. Anche un docente dell’Università del Popolo di Pechino, Zhang Ming, citato oggi dal South China Morning Post, ha dichiarato di non essere in grado di contattare l’amico.
Ren, fino al 2014 a capo del gruppo immobiliare Huayuan Properties, non è nuovo ad attacchi contro Xi che gli fecero guadagnare il soprannome di “cannone”: nel 2016 ne criticò la visita ai principali media statali per chiedere un maggiore allineamento alla linea del Partito Comunista. I media, fu la sua obiezione allora, dovrebbero servire il popolo, che paga le tasse, e non il partito. Dopo questa critica, il suo account Weibo, il Twitter cinese dove aveva 37 milioni di followers, venne bloccato.
Egli stesso membro del Partito comunista cinese e figlio di un esponente dei rivoluzionari della prima ora che contribuirono a fondare la Repubblica Popolare Cinese, Ren Zhiqiang ha attaccato direttamente l’immagine di Xi, leader vittorioso nella “guerra di popolo” contro il coronavirus in un saggio circolato tra le élite di Pechino.
Non è chiaro se la sua scomparsa sia direttamente collegata all’articolo, ma il magnate ha usato toni durissimi: nella traduzione fornita dal sito web China Digital Times, Ren fa riferimento alla videoconferenza tenuta da Xi di fronte a circa 170mila funzionari del Pcc il 23 febbraio scorso e scrive che “ho visto non un imperatore che esibiva le sue ‘nuove vesti’, ma un pagliaccio che si è spogliato nudo e che insisteva a continuare a essere imperatore”.
Il discorso di Xi, mai citato esplicitamente per nome, rifletteva anche “una crisi di governance all’interno del partito” a detta del magnate pechinese, e lasciava aperti interrogativi sui fatti antecedenti al primo intervento del presidente cinese nella crisi, fatto risalire al 7 gennaio scorso.
Il Pcc, ha scritto Ren, ha tenuto nascosta la causa dell’epidemia e ha usato il suo potere per ingannare l’Oms e ottenere il plauso a livello internazionale. I cinesi, ha aggiunto, sanno che “questa epidemia e tutta l’inutile sofferenza che ha portato provengono direttamente da un sistema che proibisce la libertà di stampa e di parola”. (Fonte: Agi)