Coronavirus, per l'Isis è "un flagello di Dio che punisce gli infedeli" Coronavirus, per l'Isis è "un flagello di Dio che punisce gli infedeli"

Coronavirus, per l’Isis è “un flagello di Dio che punisce gli infedeli”

BEIRUT – Per l’Isis il coronavirus è un flagello di Dio che punisce soprattutto i paesi degli “infedeli e degli apostati”. Sui media del sedicente Stato islamico si torna a parlare di Covid-19. E, dal momento che neanche l’Isis è al sicuro dalla pandemia, forniscono analisi e istruzioni di comportamento.

Sull’ultimo numero della rivista online an Naba (l’Allarme), l’Isis ricorda ai lettori sparsi in giro per il mondo che il coronavirus è stato mandato da Dio. Già a febbraio, la stessa rivista aveva definito il Covid-19 come un prodotto della volontà divina. Questa volta però l’attenzione dell’articolo di copertina si sofferma sulla geografia della pandemia, alla ricerca di conferme che “il flagello di Dio” sta colpendo “i paesi degli infedeli e degli apostati”.

Tra questi si citano in particolare l’Europa e l’Iran sciita, uno dei principali focolai in Asia. Già a metà gennaio, un altro numero di an Naba parlava dell’epidemia scoppiata in Cina, descrivendo il paese asiatico come governato da un “regime comunista”, e quindi ostile all’Islam.

L’Isis ricordava che il coronavirus aveva colpito la Cina il cui governo è descritto come repressivo nei confronti della comunità uigura musulmana della regione dello Xinjang. Ma in un contesto in cui il Covid-19 è diventato una minaccia globale, i jihadisti non si sentono più al riparo. Di qui l’invito ai fedeli musulmani che non sono stati contagiati dal virus a “non entrare nelle zone infettate” e “non uscire dalle zone colpite”.

Stando ai dati ufficiali, numerosi paesi con significative presenze di fedeli musulmani sunniti (come l’Afghanistan, l’Egitto, l’Algeria, l’Iraq, l’India, le Filippine e l’Indonesia) sono stati colpiti in maniera relativamente minore rispetto all’Europa, alla Cina, all’Iran e al Nordamerica.

Se da una parte l’Isis inizia a temere il coronavirus, dall’altra lo descrive come un’inaspettata opportunità per colpire meglio i paesi del Dar al Harb, Territori della guerra dove la jihad è condotta contro gli infedeli. I governi colpiti dal Covid-19 sono ora in difficoltà, “in stato di paralisi”, su tutti i fronti, afferma an Naba: dall’economia alla politica, dalla sicurezza alla difesa militare.

“L’ultima cosa che adesso (questi governi) vogliono è che i combattenti per il jihad preparino azioni simili a quelle già compiute a Parigi, Londra, Bruxelles”.

Fonte: Ansa

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