ROMA – Stanchi, addirittura esausti, senza mascherine e costretti a riutilizzare più volte gli indumenti protettivi. E’ la preoccupante istantanea sul personale ospedaliero che lavora a Wuhan, la città cinese epicentro dell’epidemia da nuovo coronavirus della polmonite, il Covid-19. Da metà gennaio si sarebbero ammalati almeno 500 dottori, rendendo ancora più ingestibile l’emergenza sanitaria.
È soprattutto la carenza di forniture mediche a preoccupare. Perché Wuhan, dove è apparso il coronavirus a dicembre, ha il bilancio umano più pesante. E’ stato registrato proprio nella città cinese capoluogo dell’Hubei il 74% dei 1.100 decessi totali e il 43% di tutti i contagi (il resto di decessi e contagi, in pratica il totale se si eccettua un minimo 1 per cento, è stato registrato nella provincia circostante, l’Hubei).
A Wuhan ci sono migliaia di nuovi casi ogni settimana, in alcuni reparti arrivano “anche 400 pazienti in otto ore” e molti medici visitano i pazienti senza le mascherine o le tute protettive, oppure li riutilizzano continuamente quando invece dovrebbero cambiarle in continuazione. “Per risparmiare sulle tute protettive integrali, i colleghi le cambiano solo una volta ogni quattro, sei, anche otto ore”, ha raccontato una dottoressa che lavora in uno dei grandi ospedali della città e che vuole rimanere anonima per il timore di rappresaglie.
“Non bevono, non mangiano, non vanno al bagno”
“In queste lunghe ore, i colleghi non mangiano, non bevono, non vanno in bagno”. Alcuni, ha riconosciuto la stessa Commissione nazionale della sanità, a Pechino, indossano i pannolini per adulti durante le loro lunghe ore di turno (così non devono andare in bagno, perdere tempo e teoricamente cambiarsi la tuta).
Anche perché lo stesso vicesindaco di Wuhan, Hu Yabo, ha riconosciuto che in città c’è una drammatica carenza di tute e mascherine.
Si calcola che delle 59.900 combinazioni necessarie ogni giorno (giacca più pantalone protettivo), i medici e le infermiere di Wuhan ne abbiano solo 18.500; stessa situazione per le mascherine che proteggono dal virus. Ce ne vorrebbero 119.000 al giorno, ne hanno solo 62.200. Una situazione drammatica confermata anche da Xu Yuan, una cinese che vive da anni negli Stati Uniti ed è in contatto quotidiano con ex compagni di classe, che sono diventati medici o infermieri negli ospedali Tongji e Xiehe, quelli dove sono ricoverati i pazienti più gravi.
In ambulanza con otto potenziali contagiati
“Uno di loro è costretto a indossare gli stessi indumenti cinque giorni di fila. Ogni giorno, li pulisce con un disinfettante dopo l’uso. Dice che potrebbero non essere più utili, ma che è meglio di niente. Mi ha girato un video. E’ su un’ambulanza che raccoglie otto pazienti forse contagiati. Riesci a immaginare? Senza una protezione adeguata, con otto potenziali fonti di virus che ti circondano?”.
Il governo cinese ha risposto mobilitando l’intero Paese per aumentare la produzione di mascherine e tute protettive. Le fabbriche da lunedì, conclusa la prolungata pausa per il Capodanno lunare, hanno ripreso a lavorare quasi a pieno ritmo, ha confermato Cong Liang, uno dei responsabili del principale ente di pianificazione economica del Paese. La Cina, dal 24 gennaio, ha anche importato oltre 300 milioni di mascherine e circa 3,9 milioni di tute protettive. (fonte Agi)