PECHINO – Muoiono i primi medici in Cina: secondo la commissione sanitaria nazionale di Pechino sei membri del personale ospedaliero sono deceduti dopo aver contratto il nuovo coronavirus. All’11 febbraio, i contagiati tra i sanitari risultavano essere 1.716, ossia il 3,8% dei casi totali nel Paese.
Il report giunge a una settimana esatta dall’ondata di indignazione pubblica scoppiata per la morte di Li Wenliang, il medico che per primo diede l’allarme dell’epidemia a fine dicembre ma che non venne creduto. Zeng Yixin, vice ministro e membro della Commissione sanitaria nazionale, ha spiegato che 1.102 operatori sanitari sono stati contagiati a Wuhan, la città focolaio. Altri 400 si sono ammalati in altri luoghi sempre nella provincia di Hubei.
Ma intanto scoppia una nuova polemica sulle condizioni in cui sono costretti a lavorare i medici di Wuhan. Secondo quanto riportato dai media, molti hanno dovuto assistere i pazienti senza maschere o tute protettive adeguate, ricorrendo spesso al riutilizzo di quelle già adoperate quando avrebbero dovuto cambiarle regolarmente.
In assenza di adeguate protezioni, il personale ospedaliero lavora in balia della contaminazione. Molti sono addirittura costretti a lavorare con il pannolone perché non hanno possibilità di andare in bagno durante il servizio, non avendo sufficienti tute per cambiarsi.
Wuhan, dove il coronavirus è apparso per la prima volta a dicembre, ha il bilancio umano più pesante: il 74% dei circa 1.100 decessi in tutto il mondo e il 43% di tutti i pazienti contagiati. “Per risparmiare sulle tute intere, i colleghi le cambiano solo una volta ogni quattro, sei, persino otto ore”, ha raccontato all’Afp un medico che lavora in uno dei grandi ospedali che si occupano del trattamento di pazienti gravi.
“Durante questo periodo, i colleghi non possono mangiare, bere o andare in bagno”, ha aggiunto il medico che precerisce mantenere l’anonimato per paura di possibili ritorsioni. “I medici di ogni specializzazione sono chiamati a ricevere 400 pazienti in otto ore”, racconta ancora. Alcuni indossano pannoloni durante le loro lunghe ore di servizio, ha ammesso la Commissione sanitaria nazionale. Delle 59.900 tute necessarie ogni giorno, i medici e le infermiere di Wuhan ne hanno solo 18.500, ha spiegato il vice sindaco, Hu Yabo.
Stessa storia per le mascherine N95, che proteggono dal virus: ce ne vorrebbero 119 mila al giorno, ne hanno solo 62.200. Xu Yuan, una cinese che vive negli Stati Uniti e che è in contatto quotidiano con ex compagni di classe che lavorano negli ospedali Tongji e Xiehe, racconta di aver speso finora 4.600 euro per comprare tute protettive e inviarle ai suoi amici che già a fine dicembre l’avevano avvisata della gravità della situazione. “Uno di loro è costretto a indossare la stessa tuta per cinque giorni di fila. Ogni giorno la pulisce con un disinfettante dopo l’uso. Dice che potrebbe non essere più utile, ma comunque meglio che niente”, racconta la donna.
“Mi ha mandato un video in cui si vede all’interno di un’ambulanza con otto pazienti sospettati di essere contagiati. Riuscite a immaginare di stare senza una protezione adeguata con otto potenziali fonti di virus intorno a voi?”. Domenica, un altro funzionario dell’Agenzia nazionale di pianificazione ha ammesso che la produzione interna di mascherine è ferma al 73% della sua capacità normale.
Fonte: Agi