ROMA – Il Dalai Lama era a pienamente conoscenza degli aiuti forniti dalla Cia per la liberazione del Tibet tra il 1955 e l’inizio degli anni ’70. E anzi, fomentava la guerriglia contro la Cina, nemico comune. Lo rivela la Sueddeutsche Zeitung (Sz) in un articolo intitolato “Heiliger Schein”, “santa apparenza”, in polemico riferimento al pacifismo del Dalai Lama. Sulla base delle ricerche compiute, il giornale tedesco scrive che la Cia “addestrò i guerriglieri tibetani, rifornendoli di tonnellate di armi per la lotta contro il nemico comune, la Cina comunista”. La Sz precisa che anche “il re dio (il Dalai Lama, ndr) venne sostenuto dalla Cia, che gli versò annualmente 180mila dollari, indicati in documenti confidenziali come ‘aiuti finanziari per il Dalai Lama’”.
A Chevy Chase, nel Maryland, gli invitati del quotidiano bavarese hanno intervistato l’ex agente della Cia, John Kenneth Knaus, 89 anni, che incontrò il Dalai Lama nel 1964 nel suo esilio indiano di Dharamsala e che adesso spiega come per il capo spirituale dei tibetani fosse chiaro il motivo della sua visita. “Per lui ero l’anello di collegamento con la violenza, che come buddhista non poteva approvare”, ha spiegato. Knaus ha concesso un’intervista anche all’autrice americana Lisa Cathey per il suo documentario “La Cia in Tibet”, in uscita entro l’anno. La Sueddeutsche scrive che il film documenterà “una guerra estremamente sanguinosa e da tempo dimenticata, condotta in Tibet dal 1955 fino agli inizi degli Anni ’70 e in Nepal a partire dal 1959”. Lisa Cathey rivela che suo padre fu uno degli istruttori militari dei guerriglieri tibetani in un campo situato in Colorado. Il giornale di Monaco di Baviera ha definito ormai “acclarato” il fatto che due fratelli maggiori del Dalai Lama “avevano presto allacciato contatti con la Cia, diventata poi lo sponsor della guerriglia in Tibet”. La SZ aggiunge che le proprie ricerche “conducono alla conclusione che (il Dalai Lama, ndr) era molto più vicino alla Cia e deve aver saputo molto di più di quanto può ammettere”. Il giornale spiega che il capo religioso dei tibetani “non ha detto tutta la verità, il suo ruolo è equivoco ed il suo modo di trattare il tema non è sincero. Per un essere illuminato (dalla grazia, ndr) come lui la verità non può essere declinata al plurale”.
La Sz pubblica il contenuto di un memorandum della Cia del 1968, in cui è scritto che “il programma per il Tibet è basato sugli impegni che il governo americano aveva assunto con il Dalai Lama dal 1951 al 1956”. Nel 1956 venne lanciata dalla Cia l’operazione “ST Circus”, che in codice stava a significare “Circo Tibet”, il cui obiettivo era “mantenere in vita la concezione politica di un Tibet autonomo”, dopo l’occupazione da parte della Cina nel 1950, oltre all’impegno di creare “un potenziale di resistenza contro possibili evoluzioni politiche nella Cina comunista”. A partire da quel momento, rivela la Sueddeutsche, su un’isola dei Mari del Sud “la Cia addestrò guerriglieri a sparare, uccidere, minare e costruire bombe”, con un fratello del Dalai Lama che fungeva da interprete.
“Un bombardiere B-17 senza segni di riconoscimento, guidato da un pilota polacco e con un tecnico ceco lancio’ subito dopo con il paracadute i primi combattenti sul Tibet”. Questi miliziani portavano al collo “un amuleto con l’immagine del Dalai Lama e una capsula di cianuro”, con cui suicidarsi nel caso fossero stati catturati dai cinesi. Il giornale rivela che “accompagnato da guerriglieri addestrati dalla Cia, il Dalai Lama nella primavera del 1959 fuggi’ attraverso le montagne per cercare asilo in India, dove annuncio’ una rivolta non violenta”. La SZ precisa che, “durante la fuga, i suoi accompagnatori erano in contatto radio permanente con gli agenti della Cia”. Il Dalai Lama “a partire dal 1958, al piu’ tardi, era informato dell’addestramento paramilitare fornito dalla Cia”, che aveva creato un campo speciale a Camp Hale, nelle Montagne Rocciose del Colorado, una zona a 3mila metri di altezza e coperta di neve, molto simile all’altopiano dell’Himalaya, in cui operava come istruttore John Kenneth Knaus.
La Sueddeutsche rivela che nel Tibet meridionale “erano attivi 85mila guerriglieri, che con il nome di ‘Chushi Grangdrug’, quattro fiumi e sette montagne, operavano in piccole unita’ per attaccare la supremazia militare cinese, cooperando strettamente con la Cia”. In una documentazione della Bbc citata dal giornale, un ex combattente tibetano spiega che “abbiamo volentieri ammazzato più che potevamo. Quando uccidevamo un animale dicevamo una preghiera, ma quando ammazzavamo un cinese nemmeno una preghiera è uscita dalle nostre labbra”. La Sueddeutsche scrive che le attività della guerriglia tibetana organizzata dalla Cia ebbero termine dopo una visita segreta dell’allora Segretario di Stato americano Henry Kissinger a Pechino nel 1971. Il giornale scrive inoltre che da un memorandum Usa dello stesso anno emerge che il Dalai Lama in quel momento era “finanziariamente e politicamente del tutto dipendente dagli americani”.
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