Southwest Airlines. Dio e Facebook...motore esplode, aereo va giù, ecco a chi si pensa in cabina pensando di morire Southwest Airlines. Dio e Facebook...motore esplode, aereo va giù, ecco a chi si pensa in cabina pensando di morire

Dio e Facebook…motore esplode, aereo va giù, ecco a chi si pensa in cabina pensando di morire

Southwest Airlines. Dio e Facebook...motore esplode, aereo va giù, ecco a chi si pensa in cabina pensando di morire
Dio e Facebook…motore esplode, aereo va giù, ecco a chi si pensa in cabina pensando di morire

ROMA – Motore esplode, aereo va giù e in cabina i passeggeri non sanno se sarà perdita di quota o precipitare al suolo. In cabina i passeggeri hanno visto un finestrino andare in frantumi, colpito da un pezzo del motore esploso. Peggio, molto peggio: hanno visto una donna, una di loro, quella che sedeva vicino al finestrino ora in pezzi, quasi risucchiata fuori dall’aereo. Una scena che ha materializzata per tutti la possibilità di morire, morire in quell’aereo. La morte è seduta, sospesa, aleggia tra loro. Scendono le maschere dell’ossigeno, la cabina rischia di depressurizzarsi, l’aereo va giù. A chi si pensa in cabina pensando di morire?

Dai video e dalle registrazioni di quanto accaduto per lunghi minuti nell’aereo della SouthWest in volo da Philadelphia a Dallas si vede e si ascolta che, pensando di dover-poter morire, si pensa a Dio e a…facebook. Su quell’aereo c’era un pastore (le cronache non precisano di quale confessione) che non sorprende abbia rivolto il suo pensiero alla divinità. Sorprende la modalità dell’invocazione che lui stesso riferisce. Eccola: “Signore, manda gli angeli”. Angeli spiega il pastore per salvare. I corpi prima ancora che le anime. Insomma angeli in funzione sostegno al volo, angeli a raddrizzar l’aereo, angeli come motori…ausiliari.

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Più compassata e composta la moglie del pastore anche lei a bordo. Anche lei pensa e si rivolge alla divinità. Per dire però tutt’altro di quel che dice il marito. Lei dice a Dio: “Se è questo che vuoi, ti prego solo sia in fretta be senza dolore”. Poi la donna manda via smartphone messaggi, supponiamo di addio con amore, alle figlie.

Altro passeggero, non solo uno, pensando di poter-dover morire, pensa a facebook. Filma se stesso con la maschera ad ossigeno e posta il tutto sulla piattaforma. E’ il suo modo, chissà quanto consapevole ma ormai quasi istintivo, di restare, di lasciare traccia di sé qualora morte sopraggiunga davvero: un post con immagine a fruizione potenzialmente universale.

Molti altri passeggeri in cabina, pensando di poter-dover morire, congelano per così dire il pensiero. Non pensano nulla, se non l’incredulità o il panico. I più tacciono o emettono grida soffocate o non articolate in parole. Ma è un fatto che in una cabina d’aereo pensando di morire si pensa a…Se si pensa a salvarsi, quasi nessuno pensa che il salvarsi dipenda dal poco che può fare, perfino l’indossare le maschere è incerto e caotico. Il salvarsi è affidato alla fortuna ma questa nessuno la invoca. Oppure all’intervento divino cui ci si raccomanda. Con la consueta aporia logica: il che Dio può salvarti dal precipitare è lo stesso Dio che ti fa precipitare, quindi qualcosa di grosso non torna quando si invoca…Cosa si invoca, esenzione personale, trattamento di favore?

Se invece si pensa di morire, si pensa alla morte, se ci si pensa morti (il che è letteralmente impensabile, nell’atto in cui ci si pensa si è vivi, quindi pensarsi morti è logicamente e infattibile) l’impulso è quello di restare. Restare in qualche modo. L’istinto di sopravvivenza che non sa più come concretamente esercitasi si sublima in istinto di traccia, segno da lasciare. Non solo il saluto, l’addio, la carezza, l’ultimo bacio ai familiari che non ti vedranno più. Ora anche se non soprattutto l’ultimo post sui social per farsi vedere ancora. Anche dopo morto. Anzi, di più: mentre muori.

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