LAFAYETTE (TENNESSEE) – E se la sigaretta elettronica, tra erronee stigmatizzazioni e scarsa informazione, divenisse il nuovo segno di riconoscimento dei carcerati? In America, nelle prigioni rurali è già così: mentre il resto del Paese si affanna a vietare o limitare l’uso delle bionde elettroniche per prevenire i rischi ancora incerti della nuova moda, nelle prigioni avviene l’esatto contrario. Un numero crescente di sceriffi si affida all’e-cig per aiutare a controllare gli sbalzi d’umore dei detenuti in astinenza da nicotina. In molte carceri infatti, le sigarette tradizionali sono vietate per motivi di sicurezza e per i rischi da fumo passivo. Allora per calmare l’animo inquieto dei detenuti, un tempo avidi tabagisti, non resta che affidarsi al vapore acqueo
Una tendenza in contrasto con le restrizioni allo svapo libero approvate nelle grandi metropoli come Chicago, New York, Los Angeles. Le carceri delle contee, in almeno sette Stati, hanno acconsentito alla vendita di una selezione limitata di e-sigarette ai detenuti. Mentre resta il divieto nelle prigioni federali. Ma il mercato dei detenuti rappresenta un potenziale volume d’affari tale da spingere molti produttori, cinesi e americani, a lanciare nuove versioni di bionde elettroniche “jail-safe”, ovvero realizzate con materiali meno pericolosi, in plastica anziché in metallo, ecc..
Le sigarette elettroniche, la maggior parte delle quali contengono nicotina ma non i catrami nocivi presenti nelle sigarette tradizionali, sono vendute ai prigionieri a prezzi contenuti: si va dagli 8 ai 30 dollari per pezzo, a seconda del numero di sbuffi consentito. La trovata contribuisce anche a rimpinguare le disastrate casse delle carceri, in alcune il profitto è di oltre il 400 per cento per ogni e-cig. Denaro poi impiegato sia nel fondo generale della contea che direttamente nel bilancio dell’istituto di pena.